Rama strinse una alleanza con il loro capo Sugriva, promettendogli di aiutarlo ad uccidere il potente Valin, suo fratello e nemico, in cambio del suo sostegno nella ricerca della principessa rapita. Dopo aver sgominato l’invincibile scimmia Valin, Rama e Lashmana si ritirarono nella foresta per il periodo delle piogge, durante il quale il principe venne preso dalla nostalgia al ricordo della moglie scomparsa, struggendosi al pensiero di rivederla. Al termine del monsone, Sugriva radunò un grande esercito e si recò nella foresta per dare inizio alla spedizione di ricerca.
Varie pattuglie, capeggiate dalle scimmie più valorose, vennero inviate in ogni direzione. La più importante di esse, diretta verso sud, era guidata da Hanuman, il consigliere di Sugriva e grande devoto di Rama. Egli era una scimmia fortissima che, in seguito ad una maledizione paterna, aveva in parte occultato i propri poteri. Il padre gli aveva anche predetto che sarebbe stato devoto di Rama.
Il drappello giunse alla punta meridionale dell’India senza trovare traccia di Sita. Le scimmie sedevano sulla spiaggia in preda alla disperazione, quando si fece avanti uno strano personaggio. Era Sampati, fratello maggiore di Jatayu, il quale volle avere sue notizie e raccontò la propria storia. Egli era confinato lì in una condizione miserevole dopo esser stato abbattuto dal dio Sole, ma sapeva che avrebbe ritrovato il suo splendore al nome di Rama. Così le truppe acclamarono Rama e Sampati si trasformò nello splendido uccello che era stato. Inoltre rivelò ai soldati di come egli avesse visto Ravana portare la principessa sul suo carro a Lanka, al di là del mare. Ritrovate le speranze e con esse i propri poteri, Hanuman crebbe a dismisura e, con un balzo, superò l’oceano e mise piede sull’isola. Qui divenne piccolissimo e mise alla ricerca di Sita, trovandola prigioniera in un giardino, disperata e lacera, tormentata dalle demonesse.
Tutti i giorni Ravana le faceva visita, pregandola, con le buone o con le cattive, di accettarlo come amante. Sita aveva deciso di togliersi la vita e stava per farlo quando Hanuman si rivelò, portandole in pegno un anello datogli da Rama prima di partire. Egli le fece coraggio, dicendole che presto sarebbe stata libera, infatti Rama, alla testa di un numeroso esercito di scimmie, si stava dirigendo a Lanka. Prima di partire Hanuman diede fuoco alla capitale del regno, gettando i Rakshasa nello scompiglio.
Nel frattempo, Rama, Sugriva e tutto il popolo delle scimmie stavano costruendo un ponte sull’oceano. Quando l’opera fu compiuta, essi attraversarono le acque per marciare su Lanka, decisi a riavere Sita o a dare battaglia. Intanto Ravana, ricostruita la città, convocò il consiglio per decidere il da farsi.
I demoni condannarono Ravana per aver rapito la moglie di un altro con l’inganno, ma si dissero pronti alla guerra, se necessario. Essi erano talmente orgogliosi e arroganti da sottovalutare il potere di Rama e del suo esercito. Decisero perciò di non muovere contro il nemico, ma di aspettare il suo arrivo.
Prima di attaccare, Rama mandò un ultimatum a Ravana: se gli avesse restituito subito Sita, non ci sarebbe stata guerra, altrimenti la fine del popolo dei Rakshasa era certa. Ravana rifiutò , cercando anche di uccidere il messaggero; così ebbe inizio la guerra. Molti demoni furono uccisi, tra cui il figlio di Ravana. I fratelli di Ravana, i comandanti più valorosi, caddero sotto le frecce di Rama e il re di Lanka decise di scendere egli stesso in campo.
Avvenne così lo scontro finale tra Rama e il re dei Rakshasa: i due si fronteggiavano sui loro carri da guerra, Ravana sul suo carro Pushpakavimana e Rama su di un carro celeste inviatogli per l’occasione dal dio Indra. Miriadi di frecce furono scagliate nelle opposte direzioni, neutralizzandosi a vicenda. Poi Ravana ricorse alle sue arti magiche e Rama rispondeva ogni volta evocando armi divine. Alla fine, con una freccia al centro del cuore, unico punto debole del demone, Rama abbatté il nemico, il quale, morendo per mano del Signore, ottenne la liberazione.
Fu così che i due sposi si riunirono, ma un’ultima prova attendeva Sita, colpevole agli occhi del mondo di aver trascorso un anno sotto il tetto del suo rapitore. Suo marito, che aveva intrapreso una guerra per liberarla, la lasciava ora libera di recarsi dove voleva; non potendo andare contro le convenzioni del suo tempo egli rifiutava di riprenderla come sposa.
Invocando il dio Agni come testimone della sua innocenza, Sita allora si gettò nel fuoco, ma il dio stesso la sollevò tra le sue braccia restituendola, purificata, al suo sposo. Poi tutti, scimmie comprese, salirono sul Pushpakavimana e fecero ritorno ad Ayodhya, dove Rama fu finalmente incoronato re tra la gioia di tutti.