Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Roberta Mambriani

YOGA E AUTISMO – Tesi per il conseguimento del diploma di Istruttrice di Hatha Yoga

Tesina

CAPITOLO 1. UNA PANORAMICA SULL’AUTISMO

1.1 La Triade che caratterizza l’Autismo

L’autismo viene inserito nella più vasta categoria dei ‘disturbi generali dello sviluppo‘ (DGS). E’ caratterizzato da anomalie che coinvolgono tutto l’organismo: sistema neurologico (con conseguente difficoltà di comunicazione), sistema gastrointestinale, sistema endocrino, sistema immunitario.

Contrariamente a quanto si riteneva in passato, il bambino non nasce con un autismo acquisito, ma progredisce normalmente e poi comincia a regredire perdendo progressivamente, o mancando di sviluppare, le capacità di linguaggio, di socializzazione e alcune abilità fisiche.

La diagnosi viene solitamente definita tra i 15 e i 20 mesi e configura un tipo di disabilità di tipo permanente, che accompagna la persona in tutto il suo ciclo vitale.

Ė quindi lo sviluppo ad essere gravemente compromesso, sia per l’esordio precoce sia per le aree che vengono coinvolte.

Infatti le caratteristiche fondamentali, la cosiddetta TRIADE, che distinguono la patologia sono:

  1. ANOMALIE DELL’INTERAZIONE SOCIALE: assenza di contatti personali, mancanza di condivisione e scambi, ricerca di contatti esagerati o strani. Non è la parte emotiva a mancare: i bambini (e gli adulti) autistici gioiscono, si arrabbiano e soffrono come tutte le altre persone, ma hanno modalità diverse di manifestare i sentimenti e solo apparentemente sono freddi e distaccati. Vorrebbero entrare in contatto con gli altri, ma non ne sono capaci, non sanno come fare. Sono incapaci di “mettersi nei panni altrui”.

  2. ANOMALIE DELLA COMUNICAZIONE: possibile mancanza dei consueti codici comunicativi che regolano la normale interazione sociale (anomalie presenti nel 50% dei casi). Possono mancare il sorriso, la mimica, gli atteggiamenti posturali. Spesso il bambino autistico inserisce nel discorso l’inversione pronominale, ed usa la seconda o la terza persona al posto della prima. Anche quando il linguaggio è presente, si può rilevare una grande difficoltà nell’iniziare e poi sostenere una conversazione, pur avendo capacità linguistiche adeguate. Manca soprattutto la capacità di adeguare il linguaggio e le azioni all’ambiente circostante.

  3. RISTRETTEZZA DELL’AMBITO DI ATTIVITA’ ED INTERESSI: si tratta di un deficit di flessibilità del pensiero e del comportamento, che si traduce in movimenti stereotipati, ossessiva attenzione verso una sola attività, estrema difficoltà verso i cambiamenti di abitudine, carenza di gioco simbolico (i bambini autistici nel gioco non sono capaci di “fare finta di”).

1.2 Epidemiologia

L’Autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche e infatti é stato descritto in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza e ambiente sociale. Presenta invece una marcata prevalenza di sesso: colpisce i maschi in misura di 3 o 4 volte superiore rispetto alle femmine.

I dati attualmente disponibili indicano una prevalenza di 10 casi per 10.000; confrontando i dati degli anni passati si evidenzia che l’Autismo é oggi più frequente di 3/4 volte rispetto a 3 anni fa, anche se sembra che questo incremento sia dovuto, più che a un reale aumento dei casi, a migliori e più efficaci criteri diagnostici.

1.3 Eziologia

A tutt’oggi le cause dell’Autismo sono ancora sconosciute. La natura di questo disturbo, che coinvolge i complessi rapporti mente-cervello, non è facile materia di indagine. Gli studi in questo campo hanno portato all’elaborazione di diverse teorie, spesso contrastanti fra di loro.

Le teorie più recenti sostengono che elementi genetici, ambientali e biochimici agiscano nelle fasi precoci dello sviluppo del bambino, già durante la gravidanza o nei primissimi anni di vita. L’ipotesi attuale é che nell’autismo siano implicati da 3 a 20 geni, alcuni dei quali sono incaricati della formazione delle connessioni fra le cellule cerebrali, ed ognuno di questi è un fattore di rischio, cioè provoca l’insorgenza della malattia solo se sono presenti altri fattori di rischio (genetici o ambientali).

Ci sarebbero quindi molti soggetti normali portatori di geni che predispongono all’Autismo ma che non lo hanno sviluppato perché non sono intervenuti altri fattori di rischio concomitanti.

L’importanza del fattore genetico risulta con evidenza dall’osservazione di gemelli omozigoti, che hanno una probabilità molto maggiore (dal 36 al 90%) di ricorrenza rispetto ai gemelli dizigoti.

Ai fattori genetici predisponenti si aggiungono i fattori ambientali ed i fattori biochimici. Fra questi ultimi, sono determinanti le alterazioni dei neuromodulatori: dopamina, serotonina, gaba (acido gamma-amminobutirrico), glutammato e glicina. La dopamina regola molte delle funzioni compromesse dall’Autismo, quali percezione ed attenzione. Un deficit di serotonina può determinare i sintomi ossessivo-compulsivi e l’aggressività.

Fra i fattori ambientali che incidono sull’insorgenza dell’Autismo ci possono essere episodi riferibili alla gravidanza: farmaci assunti dalla madre o virus contratti. Altri studi associano il rischio di Autismo a complicanze dovute al cordone ombelicale, emorragia materna durante il parto, anemia neonatale.

È importante sottolineare, però, che non esiste un singolo elemento che può causare, da solo, l’insorgenza dell’Autismo, e che la presenza di uno di questi fattori non è determinante nello sviluppo del disturbo.

1.4 Come si manifesta l’Autismo

I sintomi dell’Autismo si possono intravedere dal nono mese di vita e sono comunque manifesti entro il terzo anno di età.

Ma come ci appare un bambino autistico e quali comportamenti possiamo aspettarci?

La caratteristica più evidente è l’isolamento. In genere i bambini autistici possono sembrare sordi perché non rispondono al loro nome. Evitano lo sguardo diretto e sembrano inconsapevoli dei sentimenti altrui e del mondo che li circonda.

Si riscontra poi una generale incapacità di partecipazione: il bambino autistico ha difficoltà a dare un ordine di priorità agli stimoli che lo raggiungono, per cui non riesce a trasferire l’attenzione da uno stimolo ad un altro o a partecipare in situazioni in cui gli stimoli sono multipli.

Altro sintomo è l’incapacità di imitazione: si tratta di una abilità che deve essere insegnata ai bambini autistici. Devono imparare l’imitazione di movimenti motori, l’imitazione di suoni, l’imitazione di parole.

Altri sintomi che possiamo osservare sono:

  • incapacità di giocare con i giocattoli in modo appropriato,
  • incapacità di dedicarsi al gioco simbolico,
  • incapacità di riconoscere le emozioni proprie e quelle altrui,
  • attività motorie ripetitive (dondolarsi, girare in tondo),
  • episodi di aggressività o autolesionismo,
  • reazioni “fuori dal normale”, o per eccesso o per mancanza totale di reazione.

Sono spesso frequenti problemi di linguaggio, che può essere del tutto assente o atipico, con alterazione di altezza, intonazione, velocità e ritmo della voce. I bambini autistici spesso parlano di sé in terza persona e il loro tono di voce assume di frequente la cadenza di una cantilena.

Per il bambino autistico è assolutamente necessario aderire a una routine e avere il proprio ambiente sempre uguale, con reazioni esagerate di fronte a cambiamenti anche banali.

Lo scrittore Mark Haddon nel suo romanzo “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” (2003) racconta la storia di Christopher, adolescente autistico. La voce narrante é proprio quella del protagonista: attraverso i suoi occhi vediamo un mondo diverso, nuovi colori e punti di vista.

A proposito della necessità di routine e della difficoltà ad adattarsi al cambiamento, ecco cosa dice Christopher:

“Ci metto un sacco di tempo ad abituarmi alle cose che non conosco. Per esempio, quando c’é una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali, e qual é il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.”

Christopher riesce a descrivere ed elencare i propri comportamenti, tipici dell’Autismo:

“Una volta ne avevo molti di questi Problemi Comportamentali, adesso un po’ meno perché sono cresciuto e sono io che prendo le decisioni e faccio delle cose da solo, tipo uscire di casa e andare a comprare nel negozio in fondo alla strada.

Ecco l’elenco di alcuni dei miei Problemi Comportamentali:

  1. Non rivolgo la parola a nessuno per tantissimo tempo.
  2. Non mangio e non bevo niente per tantissimo tempo.
  3. Detesto essere toccato.
  4. Urlo quando sono arrabbiato o confuso.
  5. Detesto stare con altre persone in uno spazio ristretto.
  6. Spacco tutto quando sono arrabbiato o confuso.
  7. Gemo.
  8. Detesto tutto ciò che é giallo o marrone e mi rifiuto di toccare cose gialle o marroni.
  9. Mi rifiuto di usare lo spazzolino da denti se qualcun’altro l’ha toccato.
  10. Non mangio se cibi diversi vengono a contatto l’uno con l’altro.
  11. Non capisco se qualcuno é arrabbiato con me.
  12. Non sorrido.
  13. Dico cose che gli altri considerano maleducate.
  14. Faccio cose stupide.
  15. Picchio.
  16. Odio la Francia.
  17. Guido l’auto di mia madre.
  18. Mi arrabbio se qualcuno sposta i mobili”.

Christopher, come molti soggetti autistici, ha difficoltà a relazionarsi con gli altri anche dal punto di vista del contatto fisico:

“Uscii dalla cella. Mio padre stava in piedi nel corridoio. Sollevò la mano destra e aprì le dita a ventaglio. Alzai la mano sinistra e ripetei il suo gesto, poi ci sfiorammo con la punta delle dita. Facciamo questa cosa perché ogni tanto mio padre vorrebbe abbracciarmi, ma a me non piace abbracciare le persone, così invece facciamo questa cosa, e significa che lui mi vuole bene.”

Quando entriamo in contatto con una persona autistica, a prescindere dal suo livello di abilità, possiamo osservare come la differenza che la caratterizza sia soprattutto qualitativa: il suo sviluppo infatti è fondato su modalità percettive, immaginative, ideative, socio-affettive qualitativamente diverse. La persona con Autismo non é semplicemente affetta da carenze o ritardi nello sviluppo, ma ha una modalità diversa di interpretare e comprendere il mondo.

Jim Sinclair, un ragazzo autistico di grande intelligenza che ha contribuito alla stesura di un libro dedicato alle persone autistiche ad alta funzionalità (Schopler e Mesibov, 1992), ha scritto:

“Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che é normale per altre persone non è normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal equipaggiato per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella vita e non desidero essere guarito da me stesso. Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro, che il mio modo di essere non é soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni, definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire un ponte tra noi.”

Per capire un bambino autistico è necessario andare oltre il concetto di patologia e sintomi, oltre le apparenze, tentando un approccio con una mente più aperta. L’Autismo é estremamente complesso, e presenta gradi e sfumature molto diversi tra persona e persona. Ma dobbiamo anche chiederci se esso non rappresenti, oltre che un disturbo, anche un’opportunità.