Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Maurizio Morelli

LA TERAPIA DELLA MEDITAZIONE

 

Le posizioni per la meditazione

L’assetto del corpo è un elemento essenziale per la pratica della meditazione. È il supporto e il simbolo dell’atteggiamento mentale, la pista per il decollo verso la quarta dimensione. Il corpo è lo strumento, assumere una corretta postura è la modalità per accordarlo. La mente è il suonatore.

Tra le posizioni che il corpo può assumere la migliore, per le pratiche di meditazione, è quella seduta a gambe incrociate, in Siddha o Padma Asana. Questo non è tassativo, come vedremo ci sono altre possibilità, è semplicemente la scelta più conveniente.

In queste posture c’è perfetta risonanza tra mente meditativa e corpo. Grazie alla posizione sono eliminati gli ostacoli fisici alla meditazione, questo è molto importante.  Ma c’è di più, la corretta postura sollecita la mente a disporsi in meditazione, non si offre solo come strumento passivo ma dà anche indicazioni precise sulla musica da suonare. Se mantenuta abbastanza a lungo la postura si impone, possiamo dire che costringe la mente ad assumere essa stessa un atteggiamento consono e conforme alla regalità e perfezione di quello fisico.

 

Posizione a gambe incrociate

Osserviamo per un attimo le caratteristiche di questa posizione di meditazione, e cerchiamo di spiegarci come agisca sull’energia mentale.

Il corpo poggia sui glutei  e sulla parte esterna delle cosce fino alle ginocchia. La figura che si viene a formare è un ampio triangolo che garantisce il massimo di solidità e stabilità anche rispetto a eventuali oscillazioni laterali. L’intreccio delle gambe diviene un ulteriore elemento di fermezza e radicamento.

La posizione delle anche favorisce l’espansione addominale garantendo ampiezza e profondità al respiro, in modo spontaneo e senza nessun intervento volontario da parte nostra. Inoltre la circolazione nella parte inferiore del corpo risulta ridotta, con un duplice vantaggio:

  1. Minor consumo di energia.
  2. Maggiore irrorazione degli organi vitali, specialmente sistema nervoso centrale.

 Come un albero dalle radici vaste e profonde, siamo in grado di sostenere senza sforzo il tronco con tutti i suoi rami, foglie e fiori.

Il rachide e l’importanza dell’allineamento rilassato

Il rachide, più genericamente colonna vertebrale, è il centro e il perno della vita fisica e psichica. La sua posizione verticale, tipica della nostra specie, è un adattamento evolutivo ancora in corso d’opera. L’impatto che la modificata postura del rachide ha avuto sull’evoluzione umana è enorme. Lo sviluppo delle abilità manuale, il perfezionamento della vista e del sistema nervoso sono solo le più evidenti.

Da un punto di vista strutturale, invece, gli adeguamenti sono stati minimi e la nostra colonna vertebrale, oggi, non è poi tanto diversa da com’era quando andavamo in giro a quattro zampe. La postura eretta è resa possibile da una serie di adattamenti sussidiari, dei muscoli volontari e dei legamenti, sostenuti da una modificata propriocezione. Questo significa che, per stare diritti, dobbiamo sentirci diritti e tanto più la nostra sensazione trova conferma nella realtà maggiormente la nostra posizione è corretta.

Si tratta di un equilibrio molto delicato, perché è sufficiente una cattiva abitudine o uno stato mentale alterato per farci sentire diritti anche se non lo siamo, e una volta che la sensazione ha stratificato, per noi quello diviene essere diritti. Il corpo si adegua e solo lo specchio, o gli occhi di un altro, possono farci capire l’errore.

Gli effetti di una colonna vertebrale fuori allineamento sono tanto deleteri quanto numerosi. Possono dare luogo a disturbi della digestione, dolori articolari, alterazione delle percezioni sensoriali, vertigini, cefalee, crampi, non c’è parte o organo del corpo che possa ritenersi immune dagli effetti di un disallineamento vertebrale. Il nostro rapporto con la gravità diviene faticoso e talvolta doloroso, alcuni gruppi di muscoli sono sempre ipertesi mentre altri perdono tono, il consumo energetico aumenta e la qualità della vita scade. La mancanza di stabilità fisica si riflette sul mentale, che con maggior facilità manifesta atteggiamenti negativi e insofferenti.

 

Da un punto di vista simbolico l’allineamento vertebrale, con il cranio ben sospeso al suo vertice, rappresenta la perfetta realizzazione della natura umana, che ha la sua radice nella materia – evoluzione attraverso la mente – realizzazione nella luce dello spirito. Al contrario ogni perdita di allineamento ha il significato di una difficoltà, perdita di direzione e chiarezza, comunicazione difettosa, alterazione.

Se un corretto allineamento vertebrale è di grande utilità in ogni attimo della vita, per la pratica meditativa è di importanza primaria. Le gambe e il bacino sono le radici, la colonna vertebrale è lo stelo. Se è ben diritto il flusso di energia tra il polo tellurico e quello celeste sarà forte e veloce, collocandoci in una dimensione cosmica, partecipi di una realtà immensamente vasta e potente.

Dobbiamo imparare a curare l’atteggiamento vertebrale in ogni situazione, ma in modo particolare quando ci prepariamo alla meditazione.

La posizione seduti a gambe incrociate, offrendoci una base solida e stabile, ci fornisce un grande aiuto. Dopo le gambe dobbiamo sistemare al meglio il bacino.

 

L’assetto del bacino

Il punto di congiunzione tra la quinta vertebra lombare e la prima sacrale è il più debole di tutta la struttura vertebrale.

Dalla prima cervicale alla quinta lombare le vertebre sono l’una separata dall’altra, tenute unite da un triplo strato di muscoli e legamenti di differenti dimensioni. Ognuna di queste vertebre ha un suo grado di mobilità indipendente, anche se con variazioni notevoli da una all’altra. Le vertebre sacrali sono invece saldate tra loro e fissate al bacino, che è l’elemento mobile. Ne consegue che la corretta posizione della quinta lombare con la prima sacrale dipende in gran parte dalla posizione del bacino. Se questa viene a mancare si crea un sovraccarico sul disco di congiunzione tra le due vertebre, e quelli sovrastanti, con effetti talvolta disastrosi. La stragrande maggioranza delle ernie e protrusioni discali si verifica proprio qui, e la causa sta nella rigidità del bacino e in suo errato posizionamento.

La posizione a gambe incrociate, unita a una corretta respirazione, favorisce una buona mobilità del bacino e il suo corretto assetto. Quando ci si siede a gambe incrociate conviene porre sotto le natiche un piccolo cuscino, sufficientemente rigido. Lo spessore ideale va da cinque a quindici centimetri, dipende dall’apertura delle anche; se la parte esterna delle cosce tocca terra cinque centimetri sono sufficienti.

La posizione del bacino, per essere corretta, deve mantenersi morbida. Durante la respirazione le escursioni del diaframma provocano una leggera variazione di inclinazione. In caso di rigidità il respiro non può scendere.  Se la posizione del bacino, e quindi dell’osso sacro, è corretta mantenere diritto il resto della colonna vertebrale è molto più facile. È necessario fare alcune prove, con uno specchio o un aiuto, per verificare se la nostra percezione di essere diritti corrisponde alla realtà dei fatti e, se così non fosse, introdurre gradualmente le correzioni e interiorizzarle.

 

La posizione delle spalle e del capo

La posizione delle spalle e della testa è l’ultimo anello della catena. Le prime scivolano morbide verso il basso mentre il capo rimane sospeso sul collo ben esteso. Oltre alla collocazione rispetto al tronco bisogna fare attenzione a mantenere la mandibola morbida e in generale evitare tensioni nel viso, negli occhi e nella gola. Nel complesso il corpo rimane, dalla linea delle spalle in giù, abbandonato come un abito appeso. Solo la testa punta decisamente in alto.

Quando la posizione è corretta il punto centrale della fontanella del capo è in linea con il perineo. Il rachide – e il midollo spinale al suo interno – sono una verticale precisa, i passaggi dei nervi spinali sono liberi.

Quando la posizione è corretta, con il giusto rilassamento e allineamento, l’energia si muove e si stabilizza nei centri vitali. Si crea un vortice ascendente che favorisce le percezioni più sottili. Tutto il peso del corpo ricade verso il basso, si scarica sulla solida base costituita dai glutei e dalle gambe, la mente rimane ben vigile e mantenersi diritti comporta pochissimo sforzo.

 

La posizione di mani e braccia

Una agevole e corretta posizione delle braccia e delle mani è un elemento importante della posizione di meditazione. Le braccia pesano e, se quando siamo impegnati nell’azione i continui cambi di posizione ci impediscono di rendercene pienamente conto, questo diviene percepibile se appena ci fermiamo e stiamo immobili per qualche minuto. Per quanto riguarda le mani, esse sono i principali strumenti dell’azione e hanno relazioni costanti e significative con il sistema nervoso centrale e il piano mentale. C’è un continuo flusso di energia che scorre dalla mente alle mani e viceversa, un flusso che impegna molta energia e va momentaneamente interrotto durante la meditazione.

Il modo più semplice ed elementare per chiudere il circuito è unire le mani, tenerle a contatto l’una con l’altra, o l’una nell’altra, o intrecciando le dita. Questo lo facciamo istintivamente e senza pensarci ogni volta che sentiamo il bisogno di interiorizzarci, isolarci momentaneamente dall’esterno, focalizzare l’energia mentale, pregare o proteggerci.

Unire le mani, anche solo attraverso la punta di un dito, può essere sufficiente; questo non esclude che si possa fare molto meglio. Possiamo applicare una Mudra dello Yoga, scegliendo tra quelle più adatte alla meditazione. Le Mudra sono particolari gesti o atteggiamenti relativi alle mani, al viso o ad altri distretti del corpo che hanno la capacità e l’effetto di ridurre le dispersioni e al tempo stesso incanalare le energie in senso centripeto, verso i centri vitali di natura più sottile.

Tra le tante Mudra delle mani conosciute nello Yoga ne vengono descritte, in questa sede, solo due, una con le mani unite e la seconda tenendole separate. La scelta, che non è esclusiva ma esemplificativa, è stata fatta sulla base della grande considerazione che le maggiori scuole di meditazione hanno per questi particolari gesti mistici. 

Dhyana Mudra, gesto della meditazione: le mani sono poste l’una sull’altra, la destra sotto la sinistra, a formare una semisfera. I pollici sono posti orizzontalmente, con i polpastrelli in leggero contatto e alla stessa altezza dell’ombelico. I gomiti stanno bene aperti verso l’esterno e le spalle, completamente abbandonate, disegnano una morbida linea curva e appena declinante.

Le mani simboleggiano, implicano e inducono un completo rilassamento mentre l’allineamento dei pollici suggerisce, e favorisce, un’attenzione vigile ed equilibrata, lucida e costante ma scevra da intenzione. La circolarità formata da spalle, braccia e mani è un ulteriore elemento di ricomposizione e unità e induce tanto l’approfondimento della respirazione quanto la stabilità, il corretto allineamento e l’assenza di tensioni inutili in tutto il corpo.

Jnana Mudra, il gesto della conoscenza: le mani vengono tenute separate e la punta dell’indice di ogni mano viene posta sulla piega interna della falange del pollice, tenendo le altre dita stese, morbide e ben separate dall’indice. Le mani così atteggiate vengono poste sulle ginocchia. Il circuito energetico viene sigillato dalla speciale posizione delle dita e dal contatto di ogni mano con il ginocchio corrispondente.

La posizione dell’indice (coscienza individuale) rispetto al pollice (coscienza cosmica) simboleggia abbandono al divino e superamento di quelle limitazioni derivanti dall’identificazione della mente con i desideri e le aspirazione dell’Ego. Anche questa Mudra agisce in modo speciale sull’equilibrio, la corretta respirazione, il rilassamento e uno stato di coscienza al tempo stesso vigile e rilassato.

La corretta posizione delle braccia e delle mani durante la meditazione, una situazione di immobilità destinata a protrarsi per almeno venti o trenta minuti, ha quattro obiettivi fondamentali:

  1. Scaricare vantaggiosamente il peso delle braccia.
  2. Favorire una posizione aperta delle spalle e quindi una respirazione al massimo fluida e vantaggiosa.
  3. Migliorare l’equilibrio generale del corpo.
  4. Accumulare energia sottile tramite la creazione di circuiti vantaggiosi e la stimolazione di specifici centri mentali. Per ottenere questo risultato è essenziale completare la postura con una adeguata Mudra delle mani. Altre Mudra, degli occhi e della lingua, possono essere impiegate con vantaggio come vedremo in seguito, ma non sono essenziali.

 

La postura seduta, icona della mente in meditazione

Nella posizione seduta a gambe incrociate il corpo è un’icona della mente in stato meditativo, aperto e al tempo stesso raccolto, silenzioso ma sveglio, calmo e in pace ma ricettivo, immobile ma completamente cosciente. L’effetto sul mentale è di grande portata, al punto tale che, se mantenuta per un tempo sufficiente, la posizione diviene meditazione. L’atteggiamento della mente si riflette sul corpo, quella del corpo sulla mente. Attraverso l’immobilità fisica, nella giusta postura e mantenendo la coscienza vigile, si ottiene il silenzio mentale che è la porta dell’eternità.

Ricapitolando per realizzare una corretta posizione di meditazione dobbiamo fare attenzione ai seguenti particolari:

Assetto delle gambe e dei glutei. Dovrebbero formare un triangolo e essere sufficientemente raccolte così da garantire una notevole stabilità anche a fronte di sollecitazioni esterne. Le ginocchia vanno tenute basse, se possibile a contatto con il suolo. Almeno più basse dell’ombelico. In caso contrario il respiro non scende. L’angolo tra tronco e cosce dovrebbe essere di almeno novanta gradi, meglio se maggiore.

Posizione del bacino, e quindi del sacro, che rimane morbido e quasi in linea con le lombari. In ispirazione si forma una leggera lordosi, in espirazione la curva si riduce quasi a zero. Per trovare la giusta posizione del bacino premere con i glutei verso il suolo, come a schiacciare delicatamente. Questo aiuta anche a rilassare le spalle ed allineare il collo.

Allineamento verticale della colonna, anche per mezzo di verifiche con uno specchio o un aiuto esterno.

Spalle morbide e rilassate. Le spalle cadono verso il basso, le braccia sono come prive di forza e di tensione. Le mani stanno in grembo, atteggiate in una delle Mudra consigliate o in altra adeguata.

Collo esteso verso l’alto, con una minima lordosi che si muove impercettibilmente in sincronia con quella lombare. Capo che punta verso l’alto, come se ci fosse qualcuno che ci tira in su dal punto centrale della fontanella.

Mandibola rilassata, denti leggermente separati. Questo favorisce anche la mobilità del bacino. Anche gli occhi, la gola e la bocca vanno mantenuti morbidi.

 

Vajrasana

Esistono altre opportunità per chi non sia in grado di mantenere o assumere la posizione a gambe incrociate. La migliore alternativa è stare seduti sui talloni, con le ginocchia separate così da formare, anche in questo caso, un ampio triangolo e una solida base. Questa posizione (Vajra Asana) equivale a Padma e Siddha Asana, appena un poco meno stabile, e potrà risultare per molti di voi più facile da assumere e mantenere ferma per il tempo necessario.

Altre possibilità

Se anche Vajra Asana risulta proibitiva, potete meditare stando seduti su una sedia,  in piedi oppure supini.

La posizione sulla sedia è la più facile. Ci si siede un poco avanti, quasi sul bordo, per il resto valgono le indicazioni già date. Non è come stare seduti a gambe incrociate o sui talloni, si è meno stabili, soprattutto lateralmente, la circolazione nelle gambe rimane libera e la spirale energetica non è spontanea. Il problema più grande è l’instabilità, perché appena si perde la percezione del corpo, anche per un solo secondo, si scivola su un lato, o in avanti o indietro; per migliorare l’equilibrio terremo i piedi paralleli e separati della larghezza delle spalle. Se le braccia sono un problema mettetevi davanti a un tavolo e appoggiatele sul piano lasciando che almeno due dita siano a contatto e con i gomiti ben aperti lateralmente. Questo aiuta a rilassare completamente braccia e spalle e fornisce un utile appoggio e numerosi riferimenti per l’equilibrio.

La posizione eretta e quella supina possono essere delle alternative per colore che, per un motivo o per l’altro, non possono stare seduti. Per gli altri andrebbero considerate integrative, utili per sviluppare alcuni esercizi ed affinare la sensibilità.

Posizione eretta. Stando eretti la base d’appoggio è ridotta ai piedi, e questo può essere un problema ma anche un vantaggio. L’equilibrio richiesto per questo tipo di immobilità è maggiore che per la posizione seduta, che significa più difficile ma anche più raffinato, maggiore integrazione psicofisica.

Stare in piedi è per definizione un atteggiamento collegato all’azione, e quindi alla presenza di sé. È più difficile rilassarsi e stare immobili, ma anche questo ha il suo rovescio di medaglia; riuscirci significa maggior controllo e direzione mentale. Lo svantaggio che non può essere eliminato è l’accumulo e il ristagno di liquidi nei piedi e nelle gambe. Questo, in caso di stazioni prolungate e ripetute, può risultare dannoso alla salute. Tenendo conto di questo può essere utile e interessante sperimentare saltuariamente la meditazione in posizione eretta. Seguendo qualche semplice consiglio eviterete le conseguenze negative di questa immobilità e trarrete invece utili e vantaggiose esperienze. 

I piedi possono essere messi a triangolo, con i talloni uniti e le punte divaricate di 50-70 gradi. Questa posizione da un’ottima percezione del bacino e rende molto sensibili all’equilibrio e all’allineamento. 

Tenendo i piedi paralleli sulla linea esterna, separati per la larghezza dei fianchi. Questa posizione è un poco meno sensibile ma decisamente più stabile, in modo particolare rispetto alle oscillazioni laterali.

Le ginocchia vanno mantenute morbide, appena flesse. A ginocchia tese il respiro non scende. Il bacino rilassato e ruotato del necessario per offrire una base solida e stabile all’estendersi della colonna vertebrale. Per trovare la giusta inclinazione premere leggermente i talloni verso terra, come per comprimere delicatamente. Questo vi aiuterà anche a rilassare le spalle e a trovare la giusta postura per collo e testa.

Volendo sperimentare la meditazione in posizione eretta gli occhi rimangono socchiusi, con lo sguardo lasciato aperto verso i lati. Al termine muovere delicatamente i piedi sino ad un completo recupero di sensibilità tattile, poi flettere alcune volte le ginocchia. Per concludere stendersi sulla schiena portando le gambe in alto, per cinque minuti.

La posizione supina. Stare stesi sulla schiena, in posizione anatomica, non è certo la posizione più adatta alla meditazione. Gli svantaggi principali sono due: non c’è allineamento con i poli tellurico e celeste. Inoltre è la posizione del sonno, ed è molto più facile addormentarsi che meditare. Il riflesso è automatico, appena ci stendiamo abbandoniamo l’attenzione tipica dello stato di veglia, perché la mente fa suo l’abbandono del corpo e lo imita.

Questa posizione è però ideale per approfondire la nostra capacità di rilassamento. Si impiega una tecnica chiamata Yoga Nidra, che significa sonno Yoga. Nelle sue forme più avanzate Yoga Nidra ci introduce allo stato meditativo e può essere favorevolmente applicato anche in posizione seduta.

Questa pratica è particolarmente utile per interrompere il processo di identificazione della mente con il corpo, e ci abitua a mantenere attivi attenzione e senso di sé anche in condizioni di completo rilassamento fisico o di stanchezza. Questo risulta vantaggioso in molte situazioni della vita. Inoltre Yoga Nidra è estremamente benefico per il sistema nervoso e per rigenerare le energie esauste. Praticato dopo una giornata di lavoro ci ricarica completamente, ma probabilmente ci addormenteremo.

Al mattino invece, appena svegli, possiamo riuscire ad applicarlo rimanendo vigili e attenti, anche se sarà un poco più difficile mantenere l’immobilità. Se c’è tempo sufficiente si può sperimentare Yoga Nidra per 15-20 minuti, poi sedersi in meditazione. Questo è molto favorevole. L’ambiente per la pratica dovrà essere silenzioso e ben riscaldato, il corpo coperto ma libero da costrizioni.

Ci mettiamo distesi sulla schiena, con la testa diritta, gli occhi chiusi, la mandibola abbandonata. Le spalle sono morbide e le braccia leggermente staccate dal corpo, in modo che le mani rimangano a circa 20-40 centimetri dai fianchi, con le palme verso l’alto e morbide. Anche le gambe sono separate, i talloni distano l’uno dall’altro da 20 a 50 centimetri e le punte dei piedi ricadono verso l’esterno. Se si avvertono delle resistenze o comunque i piedi restano diritti verso l’alto conviene spingerli volontariamente in fuori.

 Si rilassa la pancia e si lascia il respiro libero. Gli elementi indispensabili sono l’immobilità assoluta e la lucidità mentale.

Immobilità assoluta significa evitare anche il più impercettibile movimento, ad esclusione di quello indotto dal respiro che però, per un graduale effetto del rilassamento profondo, diventerà sempre più lento e soffice, sino a risultare difficilmente percepibile.

Lucidità mentale significa non perdere mai la presenza a sé stessi, rimanere svegli, osservare passivamente ma lucidamente. Questa è la parte più difficile.

La via naturale che la mente sceglie per interrompere il silenzio percettivo indotto dall’immobilità è il sonno. Oppure da vita a tutta una serie di sensazioni disturbanti, pruriti, percezioni parossistiche della pressione dei punti del corpo più esposti con il pavimento, sensazione di essere di traverso o di avere le gambe accavallate, di tutto e di più. Bisogna evitare di reagire e di muoversi, spostare semplicemente l’attenzione. Lasciare che il fattore disturbante scivoli via, quasi sempre bastano pochi secondi.

 In ogni caso non bisogna scoraggiarsi, è normale addormentarsi o non riuscire a mantenere l’immobilità, la pratica è comunque benefica. Insistendo e con l’esperienza si riuscirà a stare immobili anche per venti o trenta minuti e senza perdere il filo dell’attenzione.

Per mantenere la mente attenta lo strumento più efficace è impegnarla su uno stimolo che, pur essendo stabile, abbia in se elementi di variazione. Tra i tanti che possiamo scegliere il respiro è il più facile ed immediato. Durante l’immobilità limitiamoci a osservare il movimento del respiro, le sottili sensazioni che ci trasmette questo flusso pulsante, la delicata espansione e contrazione dell’addome. Mantenere l’attenzione sul respiro ci consente anche di spostare il livello percettivo su un piano più sottile di quello fisico.