Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Maurizio Morelli

LA TERAPIA DELLA MEDITAZIONE

  

Mudra sussidiarie

Prima di introdurci nel dettaglio di queste pratiche è necessaria una piccola ricapitolazione sul tema delle Mudra. Sono dei particolari gesti o atteggiamenti del corpo o parte di esso. Hanno lo scopo e l’effetto di limitare le dispersioni e favorire la conservazione e la trasformazione dell’energia che viene introiettata e diretta verso i centri mentali.

Il disallineamento del corpo è una delle principali cause di dispersione, e questo è uno dei motivi per cui la posizione di meditazione è così importante. La respirazione è altrettanto determinante e va considerata parte integrante della postura. Poi ci sono le mani, di cui abbiamo già parlato, a cui vanno aggiunti gli occhi e la bocca. Mente e corpo sono in costante reciproca relazione. La principale causa di dispersione è la direzione psichica e il costante dialogo interiore che il corpo esprime tramite gesti e posture. Mani, occhi e bocca sono elementi primari di questa rappresentazione.

La possibilità di intervento è duplice, dal corpo alla mente e dalla mente al corpo. Attraverso la corretta posizione e le Mudra si imposta il primo livello, dall’esterno verso l’interno, una prassi relativamente facile perché diretta a ciò che più facilmente possiamo sentire, la fisicità. In tal modo il corpo rimane accessibile solo al livello vibratorio che caratterizza la meditazione, possiamo dire che lo richiede e richiama, divenendo al tempo stesso inaccessibile agli stati mentali che caratterizzano il dialogo interiore, quel continuo brusio prodotto dal sovrapporsi di pensieri caotici e meccanici che agisce anche da barriera, nebbia oscurante che inibisce la percezione della vera natura della mente e delle sue profondità.

Se vi dovesse capitare di perdere un prezioso gioiello scivolato accidentalmente in uno stagno, quale strategia applichereste per recuperarlo? Rufolare ansiosamente nella melma sperando in un colpo di fortuna, oppure lasciare che ogni movimento si acquieti e poi, con il sole alto nel cielo, con la massima delicatezza e gli strumenti adatti, cercare uno scintillio che vi guidi nel recupero?

Nel primo caso non solo le vostre possibilità di successo sono vicine allo zero, ma probabilmente l’effetto che otterrete sarà di fare sprofondare l’oggetto nel fango e perderlo per sempre. Allo stesso modo, se vogliamo conoscere le profondità della mente, vedere cosa c’è sul fondo, ritrovare il brillante gioiello della coscienza spirituale, dobbiamo per prima cosa interrompere il movimento di superficie, creare le condizioni, anche fisiche, di sufficiente trasparenza.

In questa logica, oltre alla postura di allineamento, al respiro, alla disposizione di braccia e mani, anche l’atteggiamento di occhi e bocca ha la sua importanza.

 

Shambavi Mudra: il gesto di Shambhu, che consiste nel dirigere lo sguardo verso il centro della fronte e mantenerlo fermo. Per realizzare la visione esterna del mondo gli occhi costantemente vibrano, raccogliendo e trasmettendo al mentale una enorme quantità di informazioni. In direzione opposta ogni movimento di pensiero comporta vibrazioni oculari, anche quando le palpebre sono abbassate  o siamo addormentati. Così c’è una relazione diretta, costante e bidirezionale tra dialogo interiore e vibrazione oculare. Scopo di questa Mudra è interromperla.

Al centro dell’osso frontale e due dita dietro c’è un centro vitale di grande importanza, possiamo immaginarlo come una porta o un passaggio, che  ci permette di entrare in contatto diretto con i livelli psichici superiori. Tenendo lo sguardo fermo su questo punto otteniamo un molteplice effetto: da un lato interruzione del dialogo interiore, dall’altro il suo trasferimento verso livelli di percezione più sottili, dalla superficie alla profondità, dall’agitazione alla calma, dalla divisione all’unità.

La realizzazione di questa Mudra è semplice. Mantenendosi rilassati e avendo come base la postura di meditazione, fissare delicatamente lo sguardo lontano, poi ruotarlo verso l’alto e verso l’interno senza abbassare le palpebre. In alternativa si può mantenere lo sguardo rilassato con un’inclinazione di circa quarantacinque gradi verso il basso, con l’attenzione alla percezione laterale e quindi senza focalizzarsi su nulla in particolare. Questo non interrompe il movimento mentale in modo diretto, piuttosto lo rende vago e poco interessante così da indebolire progressivamente il processo identificativo.

Per identificarsi con i propri pensieri è indispensabile focalizzare lo sguardo, mantenendolo aperto e laterale il legame si scioglie e il movimento mentale gradualmente si riduce e si annulla.

 

Nabho Mudra: esaminando la posizione della bocca, della lingua e della gola ritroviamo una modalità di correlazione con il mentale molto simile a quella esposta per gli occhi. Il fulcro è nella gola e specialmente nelle corde vocali, che reagiscono con impercettibili oscillazioni alle sollecitazioni del pensiero discorsivo. Quando parliamo con gli altri la vibrazione è tale da dare luogo, con il supporto dell’aria, della gola, della lingua, delle labbra e delle guance a un suono di intensità variabile, più o meno alto a seconda della distanza della persona cui ci rivolgiamo o dell’effetto che vogliamo ottenere.

Le parole però non nascono in gola ma nella mente, e gli organi di fonazione le rendono manifeste anche quando parliamo con noi stessi, anche se il controllo cosciente le rende appena accennate. Quando si perde il controllo, per una prolungata solitudine o altre cause, si inizia a pensare ad alta voce. Questa mi sembra una buona prova di come il meccanismo azione-reazione sia costantemente operante anche se nascosto e ridotto nella sua espressione. La logica della doppia direzione ci dà anche in questo caso una chiara possibilità di intervento: se il pensiero discorsivo implica la vibrazione delle corde vocali, della gola e della bocca, interrompendolo otterrò la stessa azione sul piano mentale. Più approfondiamo l’argomento più troviamo conferme a quanto precedentemente affermato, la mente si riflette nel corpo e viceversa, in realtà sono due facce della stessa medaglia, due aspetti della stessa realtà.

Nabho Mudra, che significa gesto del cielo,  consiste nel girare la lingua indietro e tenerla premuta contro la parte centro-posteriore del palato. Ruotata la lingua indietro la si preme verso l’alto con precisione e decisione, ma anche con delicatezza. Questo aiuta a mantenere rilassate e silenziose le corde vocali e tutti gli organi di fonazione e ci invita a tenere la mandibola e le guance morbide. Inoltre crea un circuito energetico che, collegando la bocca al palato e al sistema nervoso centrale, rende più nitida l’integrazione psicosomatica e la percezione del mondo dei simboli. Questo è un ulteriore utile supporto alla realizzazione della condizione meditativa.

In alternativa si può semplicemente rilassare in profondità bocca e gola. Un’altra interessante variante, particolarmente utile a chi ha la tendenza ad addormentarsi durante la pratica meditativa, consiste nel tenere la punta della lingua in leggera pressione tra i denti. Questo inibisce il dialogo interiore al pari di Nabho Mudra e in più fornisce un punto di attenzione esterno-interno che aiuta a mantenersi vigili e svegli.