I Centri Sri Chinmoy
In breve la sua missione inizia a crescere e così i suoi Centri di meditazione. Da un piccolo e sparuto gruppetto di pochi cercatori a Puerto Rico (1966), il messaggio di Sri Chinmoy inizia a espandersi in tutto il mondo, toccando quasi ogni nazione.
Sri Chinmoy parla del suo sentiero come di una Nave Dorata (The Golden Boat) e dei suoi studenti come passeggeri della Nave. Egli si è preso la responsabilità di portare ogni singolo passeggero alla Spiaggia Dorata (The Golden Shore) del sempre trascendente Aldilà.
Da un punto di vista spirituale, il Centro Sri Chinmoy è il ‘tempio’ dei suoi studenti, dove si riuniscono due volte a settimana, normalmente in orario serale, per meditare, cantare e pregare insieme per un paio d’ore.
Come luogo fisico possiede alcune peculiari caratteristiche, uguali per tutti i Centri del mondo. I colori dominanti sono il blu o il celeste, che rappresenta l’Infinito, il bianco, la Purezza, e l’oro, che indica la Vittoria del Divino. Blu e oro sono i colori preferiti dal Maestro, mentre il bianco, la purezza, rappresenta il fondamento della filosofia di Sri Chinmoy, senza la quale non è possibile trattenere in sé alcuna esperienza divina. Il pavimento è solitamente celeste o blu.
Oltre alla sala principale, ogni Centro ospita una seconda sala, dedicata ai corsi e alle conferenze, alla manifestazione pubblica della missione. La prima sala è invece riservata solo agli studenti che intendono seguire Sri Chinmoy come loro Maestro spirituale.
Il Centro viene coordinato da uno o più studenti che già da parecchi anni seguono il sentiero (quando era in vita Sri Chinmoy era lui stesso a scegliere i Centre Leaders per ogni Centro), e che conducono la meditazione e organizzano le varie attività dei Centri. Il Guru, Sri Chinmoy, e i suoi studenti sono veicoli del Messaggio del Supremo, quindi ogni Centre Leader è un umile strumento della Volontà Divina e di conseguenza agisce motivato dalla sua guida interiore e non dal suo ego.
La meditazione al centro
Dopo una mezz’ora di canti spirituali ed alcuni minuti di silenzio per centrarsi, gli studenti riuniti per la meditazione iniziano a focalizzare l’attenzione sulla foto Trascendentale, ognuno con il suo proprio metodo per entrare in connessione con essa, quindi inizia la meditazione, della durata di circa mezz’ora. L’identificazione con la coscienza della foto facilita la meditazione perché trasporta direttamente lo studente su un altro piano di coscienza, facilitandone l’interiorizzazione. Non si medita sulla persona fotografata, ma sulla coscienza che quella persona veicola. A volte si preferisce meditare con registrazioni di esecuzioni musicali del Maestro, oppure su sue poesie e aforismi recitati.
Alla fine della meditazione, si canta prima di tutto L’Invocazione, seguita da altri canti, letture e preghiere. Si dedica una parte dell’incontro a comunicazioni pratiche riguardanti le principali attività dei centri (concerti, attività sportive, pubblicazione dei libri) e, in conclusione, si prende il prasad, il cibo offerto a inizio pratica al Divino, e benedetto nel corso della meditazione con la Luce scesa su di esso. Questo cibo va mangiato con devozione, in modo che anche il corpo fisico, la parte meno illuminata dell’essere umano, possa ricevere la Luce divina e iniziare la sua trasformazione.
La manifestazione
Le attività rivolte al mondo esterno hanno come obiettivo la manifestazione, cioè offrire lo Yoga al mondo. Sri Chinmoy diceva che servono due ali per volare, una è la meditazione, l’altra è la manifestazione. Senza la prima, la seconda è sterile; senza la seconda, la prima rimane fine a se stessa.
La più importante attività di manifestazione sono i corsi che vengono offerti gratuitamente, in sintonia con la filosofia di Sri Chinmoy, che sosteneva che la meditazione è presente nel cuore di chiunque. Così come camminare è naturale per tutti, anche la meditazione lo è, ma bisogna allenare questa capacità. Lo scopo dei corsi è quello di offrire la possibilità di sviluppare questa capacità per arrivare a scoprire il proprio sé più profondo e il significato più vero della vita.
Altre attività dei Centri riguardano la pubblicazione dei libri scritti dal Maestro, le corse organizzate, i concerti, e qualsiasi attività permetta di far conoscere il messaggio del Maestro.
In Italia i Centri Sri Chinmoy sono formalmente le sedi dell’Associazione The Golden Shore e si trovano a Catania, Roma, Firenze, Vicenza, Torino e Milano. Ci sono Centri solitamente nelle più importanti città di tutto il mondo, molti composti da pochissime persone, tre, cinque, sette, dieci… altri da centinaia di studenti, come Zurigo, Vienna, Mosca, Praga e naturalmente New York, dove risiedeva Sri Chinmoy.
I fondamenti del suo pensiero
Sintetizzare il pensiero di Sri Chinmoy è un’impresa ardua. Oltre alle numerosissime conferenze tenute in tutto il mondo, poi trascritte e pubblicate dai suoi studenti, Sri Chinmoy ha scritto centinaia di libri: poemi, opere teatrali, poesie, aforismi, preghiere, esercizi di meditazione e concentrazione. Può essere definito un poeta-veggente, alla stregua dei grandi saggi che scrissero i Veda e le Upanishad, per la profondità e l’intensità che emergono dai suoi scritti. Così come per il canto, anche la scrittura è stata un mezzo per manifestare la Volontà del Divino. Ogni suo scritto porta una vibrazione elevata di altri mondi a noi sconosciuti, è un messaggero del mondo interiore, un collegamento che ci permette di avvicinarci a vette per la maggior parte delle persone diversamente inconoscibili.
Qui di seguito riporto alcuni degli elementi cardine del suo pensiero. Sono solo piccoli assaggi della vasta conoscenza che Sri Chinmoy ha trasmesso.
Avidyaya mrityam tirtha vidyaya amritam snute
Con l’ignoranza passiamo attraverso la morte, con la conoscenza raggiungiamo l’Immortalità
La realizzazione interiore
Che cosa vuole dire arrivare alla realizzazione interiore? Vuol dire uscire dal buio dell’ignoranza per entrare nella luce della Conoscenza e della Verità. Ci sono tante strade che sono state tracciate nel corso dei secoli per raggiungere questa meta. Nessuna è migliore delle altre, sono tante opportunità diverse. Cosa fa allora scegliere una strada piuttosto che un’altra? La scelta non è razionale, ma psichica, intendendo con psichica una scelta dell’anima. Profondamente dentro di noi c’è qualcosa di vero e stabile, che non muta con il tempo, che non viene toccato dagli avvenimenti esteriori, e questo qualcosa è il nostro essere psichico o anima. La scelta del Maestro spirituale avviene in questa parte di noi. Perché la nostra anima sceglie un Maestro piuttosto che un altro? Perché ha una particolare affinità interiore con questo. Perché con Lui sa che farà il progresso più veloce verso la Meta finale. Perchè quel particolare sentiero sarà quello che le permetterà al meglio di manifestare le qualità divine di cui è portatrice.
Sri Chinmoy dice che ogni anima è come un fiore nel giardino-cuore del Supremo. Ogni fiore ha una fragranza e una bellezza diversa, ha in sè qualità diverse. Il nostro viaggio sulla terra è l’opportunità che noi abbiamo per manifestare queste qualità. Ma nel momento in cui entriamo nel gioco della vita, l’ignoranza che copre il mondo oscura la luce della nostra anima e non ci fa vedere ciò che siamo veramente e verso dove stiamo andando. E così brancoliamo nel buio inizialmente spinti dai desideri e avendo come meta solo quelli, fino a che qualcosa in noi sente che c’è qualcosa di più vasto della semplice materia. E allora inizia la ricerca interiore.
Nella vita ordinaria ogni essere umano ha milioni di domande da porre. Nella vita spirituale, viene il giorno in cui si sente che c’è soltanto una domanda degna di essere posta “Chi sono io?” La risposta delle risposte è “Io non sono il corpo, bensì il Pilota Interiore.” – Sri Chinmoy –
“Realizzazione significa rivelazione di Dio nel corpo umano. Realizzazione significa che l’uomo stesso è Dio.” – Sri Chinmoy –
Il Supremo
Sri Chinmoy preferiva usare il termine Supremo per indicare il divino anzichè Dio o Madre come fanno in India. In India si preferisce pregare per l’aspetto femminile del Supremo, qui in occidente lo si identifica più con l’aspetto maschile. Sri Chinmoy diceva di pregare usando il termine che più uno sente affine. Visto che in occidente siamo più abituati a rivolgerci all’aspetto maschile del divino, anche nei suoi scritti spesso usava il termine Dio piuttosto che altri, in modo che risultasse più familiare a chi avrebbe letto. Ma comunque è una questione di fede. Se una persona ha più fede nell’Aum, il suono universale, allora quello lo aiuterà a raggiungere prima la sua meta. La sua scelta dell’uso del termine Supremo è legato all’idea dell’autotrascendenza. Il termine Dio trasmette più un senso di qualcosa di statico, non in evoluzione. La parola Supremo ha in sè questo potenziale di crescita, di continua trascendenza di Sè.
L’autotrascendenza
Tutto il pensiero del Maestro è pervaso da questa attitudine. Sri Chinmoy diceva che il Supremo trascende continuamente Se Stesso. Lui stesso nel corso della sua vita ha continuato a trascendere la sua altezza spirituale e a dare prova di come i limiti del proprio corpo possano essere sfidati e superati oltre quello che la mente ordinaria può pensare.
Per questo esortava i suoi discepoli anche a trascendere continuamente se stessi, per sfidare la letargia insita naturalmente nella natura umana e per espandere i propri confini esteriori ed interiori.
La gratitudine
“Ogni giorno vi sono così tante persone alle quali dovremmo offrire gratitudine. Non vi è fine al numero di persone a cui dovremmo offrire gratitudine, ma è quasi impossibile offrirla ad ogni singolo individuo. Nessuno ha creato se stesso, tutti siamo stati creati da Dio, il nostro Padre Celeste. Perciò se non siamo in grado di offrire gratitudine a tutti quelli che la meritano, possiamo almeno offrire gratitudine alla Sorgente.”– Sri Chinmoy –
La gratitudine è un sentimento importatissimo nella nostra vita, che può facilmente aiutarci a sconfiggere il nostro ego arroccato. L’ego è la parte di noi con cui ci identifichiamo, la nostra personalità cosciente. È il vestito che indossa la nostra anima per muoversi nel mondo, ma che dimentica di essere solo un vestito limitato e temporaneo.
“Quando offri gratitudine a Dio, Egli ti dà qualcosa di bellissimo, l’umiltà. Nella vita spirituale facciamo crescere l’umiltà attraverso una conscia gratitudine. Dopo aver visto il fiore dell’umiltà, l’ego se ne va, perché esso sente di poter diventare qualcosa di meglio: il sentimento di unità universale”. – Sri Chinmoy –
Amore, devozione e abbandono
Sri Chinmoy sintetizzava il suo sentiero con queste tre parole. Sono come tre gradini di una scala spirituale che vanno saliti uno dopo l’altro. L’amore per il Supremo è il primo passo perchè senza amore non c’è motivazione. Quando si ama qualcuno o qualcosa, la nostra attenzione è tutta concentrata su di esso, null’altro riesce ad occupare la nostra mente. Per poter andare verso il Supremo, il primo passo è amarlo. Amarlo nel proprio Maestro e amarlo in tutta l’umanità. Non si tratta però di amore vitale, sentimentale. È un’amore che porta alla ricerca dell’unità interiore, è un’amore puro che vuole espandersi e abbracciare il mondo intero e il divino che vive nel mondo intero.
Il passo successivo è la devozione. La devozione è un sentimento dolce e intimo, puro e innocente. Un devoto di Dio ha in mente solo i Piedi del Supremo cui inchinarsi e per cui vivere. La devozione non è razionale, non bilancia i possibili guadagni e perdite. È uno slancio verso il Supremo, è un amore pieno di dolcezza.
Ma perchè questi due sentimenti diventino veramente puri è necessario l’abbandono. Quando si ama qualcuno veramente, si farebbe qualsiasi cosa per l’altro. L’abbandono al Supremo non è la perdita della propria capacità di discernere, non è mettere la propria vita nelle mani di un altro. È identificarsi con la parte più elevata di se stessi e ascoltare la sua voce.
“L’India è la terra dell’abbandono. Questo abbandono non è una sottomissione cieca, ma piuttosto la dedizione del proprio sè limitato al proprio Sè infinito.” – Sri Chinmoy –
Corpo, vitale, mente, cuore anima
Questi cinque elementi costituiscono ciò che siamo. Il corpo è la nostra parte più materiale e visibile. Il vitale è fatto delle nostre emozioni e desideri, la mente dei nostri pensieri e ragionamenti, il cuore dei nostri sentimenti. L’anima è la scintilla divina che vive in noi. Sono cinque involucri che nel corso della vita vengono riempiti appunto di emozioni, pensieri, desideri. Noi ci identifichiamo con questi moti interiori che ci attraversano ma in realtà non siamo quelli. Siamo come un cielo attraversato da nuvole, uccelli, pioggia. Noi ci identifichiamo solo con le nuvole che ci attraversano, gli uccelli che volano in noi, la pioggia che ci oscura, ma ci dimentichiamo di essere anche quello che contiene tutto questo: il cielo. Siamo il cielo e il suo contenuto, siamo l’anima e i suoi vari moti interiori, siamo in parte stabili e immutabili e in parte temporanei. Ma la nostra identificazione cosciente va sempre alla parte temporanea. Per questo abbiamo paura di morire, perché non ci ricordiamo che non esiste la morte, che c’è una parte di noi che dura in eterno e che il resto è solo funzionale alla vita in cui ci troviamo ora.
La purezza
La purezza è sia esteriore che interiore. Quella esteriore è più facile da conquistare. Consiste nel mantenere pulito il proprio corpo, facendo almeno una doccia al giorno, indossare abiti puliti e tenere ordinate e pulite le proprie cose e i propri spazi. La purezza interiore richiede un lavoro maggiore. Senza purezza interiore qualsiasi esperienza meditativa non potrà essere trattenuta. La purezza va conquistata gradualmente in ogni aspetto della nostra esistenza: corpo, vitale, mente, cuore. Quello che va fatto è ripulire questi involucri in modo che possano diventare puri e trasparenti e far filtrare la luce dell’anima che vive dietro di essi.
Il miglior modo per conquistare la purezza è identificarsi con il cuore di un bambino. Un bambino non ha depressione, frustrazione, rabbia. Solo gioca e gioca nel giardino del suo cuore. Se anche arrivano queste emozioni, subito vengono lavate vie perchè la sua purezza non permette che si fermino. Quindi il consiglio che dava Sri Chinmoy a tutti i suoi discepoli era di identificarsi con il cuore di un bambino di sette anni.
“Se voi sentite di essere bambini o bambine di sette anni, ogni giorno vedrete la vostra vita in modo nuovo, e sboccerete come un fiore, petalo dopo petalo. Ma se voi pensate di essere trentenni o quarantenni, o Dio! Tutti i fiori sono appassiti. Voi siete morti, un fiore completamente morto. Se voi potete sinceramente sentire di essere ragazzi e ragazze di sette anni, quante cattive qualità sarete in grado di scartare in un batter d’occhio. Per qualcuno di sette anni non c’è dubbio, non c’è depressione, non c’è frustrazione, non c’è negatività. Il bambino salta semplicemente con gioia nel giardino-fiore.” – Sri Chinmoy –
L’obbedienza
Obbedienza è un termine che piace poco in occidente dove regna l’individualismo e il senso di libertà individuale. In realtà questo concetto di obbedienza è strettamente legato a quello di abbandono. Non è un’obbedienza che ci priva della nostra volontà, ma è obbedire alla Volontà della nostra anima. È un’obbedienza che ci apre alla vera libertà, che è quella interiore. Seguire la propria Realtà più elevata ci porta vera pace e felicità.
“Ma se voi pensate a voi stessi come di soli sette anni, molte cattive qualità spariranno – e la disobbedienza è la peggiore delle qualità non divine. Queste qualità non divine scompariranno perché per una bambina o un bambino di sette anni amare il padre e obbedire al padre non è un compito impossibile. Quando diventate 40enni o 50enni avete la vostra vita e vi dimenticate dell’obbedienza.” – Sri Chinmoy –
Aspirazione e desiderio
Essere liberi di ubriacarsi, drogarsi, abbuffarsi è una libertà illusoria. Nel desiderio siamo vincolati, perchè il desiderio provoca altro desiderio. La pace è solo una momentanea sospensione tra un desiderio e l’altro. Il mondo dell’aspirazione apre le porte alla vera pace. Quando aspiriamo eleviamo noi stessi, ci liberiamo dal circolo senza fine del karma facendo cadere le catene del desiderio e spiegando le ali nell’infinito.
“Il desiderio è un fuoco selvaggio che brucia e brucia e alla fine ci consuma. L’aspirazione è una fiamma luminosa che segretamente e con sacralità eleva la nostra coscienza e alla fine ci libera. Il desiderio è aspettativa. Nessuna aspettativa, nessuna frustrazione. Morto il desiderio, può essere costruita la vera felicità. Aspirazione è abbandono. L’abbandono è la cosciente unità (oneness) dell’uomo con la Volontà di Dio.” – Sri Chinmoy –
Oneness
Questo termine è stato creato da Sri Chinmoy. In italiano non si riesce ancora a trovare una traduzione che veramente lo renda appieno. Sri Chinmoy diceva che quando un termine non è presente in una lingua è perché non è ancora stata sviluppata quella qualità a livello interiore in quella nazione.
La miglior traduzione è ‘sentimento di unità’. È sentire che siamo tutti parte della stessa sostanza, una e sola cosa nel mondo interiore. È sentire che l’altro non è altro, ma solo una parte diversa di un unico corpo, e ogni parte svolge una funzione diversa perchè l’evoluzione del tutto possa procedere.
Never give up – non arrenderti mai
Il motto di Sri Chinmoy è ‘mai arrendersi’. Bisogna essere disposti a rifare la stessa cosa centinaia di volte prima di ottenere un risultato. Per imparare a suonare uno strumento musicale perfettamente ci vogliono anni. Altrettanto per imparare a concentrarsi e meditare correttamente. Ma non bisogna mai arrendersi. Il fallimento si concretizza solo nel momento in cui si smette di provare e ci si arrende ad esso.
‘Past is dust’ diceva sempre. Il passato è polvere. Lasciamo il passato al suo posto, nel passato, e andiamo avanti con nuova ispirazione per provare a raggiungere la meta finale.
La meditazione sul cuore
Il percorso meditativo di Sri Chinmoy usa, come mezzo per raggiungere la realizzazione interiore, l’identificazione con il cuore spirituale. Il cuore ha in sè naturalmente le qualità di un bambino: purezza, obbedienza, amore, abbandono… Il cuore spirituale è la sede dell’anima, è la parte di noi più vicina all’anima. Sri Chinmoy consigliava ai suoi discepoli di meditare sul proprio cuore spirituale perché riteneva che fosse la via più veloce e sicura per arrivare alla realizzazione del Sé.
“È meglio meditare nel cuore che nella mente, perché la mente è come Times Square a Capodanno, mentre il cuore è come una caverna solitaria dell’Himalaya.” – Sri Chinmoy –
“Se mediti nel cuore, mediti dove si trova l’anima. È vero, la luce e la coscienza dell’anima permeano l’intero corpo, ma c’è un posto specifico nel quale l’anima risiede per la maggior parte del tempo e quel posto è il cuore spirituale. Se vuoi illuminazione puoi riceverla dall’anima, che si trova nel cuore e quando sai che cosa vuoi e dove trovarla, la cosa più saggia da fare è andare in quel luogo, altrimenti è come recarsi nel negozio di ferramenta per comprare generi di drogheria.” – Sri Chinmoy-
Il rapporto maestro-discepolo
Il rapporto fra maestro e discepolo è retto da tutti i principi sopra citati. Un Maestro realizzato è molto diverso da un qualsiasi maestro. Un Maestro che ha raggiunto la realizzazione interiore ha libero accesso all’anima dei suoi discepoli, sa cosa è meglio per il loro progresso spirituale e cosa lo può danneggiare. Rivolgersi al proprio Guru è come rivolgersi alla parte più elevata di se stessi.
Il Maestro realizzato è un’anima che conosce perfettamente la strada verso la realizzazione, sa dove mettere i piedi per non inciampare, sa dove si trovano i pericoli e le trappole che farebbero cadere il discepolo dal sentiero della luce e lo mette in guardia da questi.
Per questo è molto importante ascoltare la sua parola e seguire le regole da lui stabilite, che non vogliono essere delle costrizioni o delle limitazioni, ma invece proprio degli aiuti per correre velocissimi verso la Meta finale.
Ci sono alcune fondamentali regole che vanno seguite per essere un discepolo di Sri Chinmoy:
– vegetarianesimo, perchè sia la carne che il pesce portano in sé vibrazioni che ostacolano la meditazione e agitano i nervi sottili. Le qualità miti dei vegetali invece sono di aiuto per entrare nel mondo sottile della meditazione,
– astensione da droghe e alcool, perchè ottundono i nervi sottili e non permettono di raggiungere esperienze sottili elevate,
– castità, perché senza essa non si può accedere ai livelli di coscienza superiore.
C’è una grande differenza
fra conoscere l’insegnante e conoscere i suoi insegnamenti.
I suoi insegnamenti mostrano al mondo
Ciò che egli ha,
ma ciò che egli è
non è altro che un diverso nome per Visione dell’Eternità.
– Sri Chimoy –