8. Conclusione
Che lingua parla lo yoga? Che cos’è la poesia? Che cos’è un simbolo? Perché la creatività incute paura? Come si ottiene il favore della Musa? Che cos’è lo yoga? Luna è maschile o femminile? Ispirazione ed inspirazione sono la stessa cosa? Che cosa avviene quando Uno e molteplice s’incontrano?
Queste e altre sono le domande che chi scrive si è posto durante il processo di stesura del presente lavoro. Ma l’idea di questo studio è nata innanzitutto dal chiedersi se sia possibile affiancare due ambiti apparentemente così diversi come lo yoga e la poesia; quali fossero le affinità, i valori in comune, gli intenti condivisi, nonché le possibili fertili interazioni.
Si è visto come la vera poesia debba rivestire necessariamente carattere d’inutilità, ovvero debba produrre, in completa autonomia di forma e di contenuto, un oggetto indipendente da un qualsiasi scopo. Essa è un’azione libera, che non risponde a nessun padrone e che ha origine solo dal libero dialogo tra il poeta e il suo Sé interiore. Si è potuto affermare quindi, in termini yogici, che si tratta di un’azione priva di attaccamento al risultato, quindi di un’azione che non produce un debito karmico e che può per questo condurre alla liberazione, ovvero all’unione dell’Anima con l’Assoluto. Il vero poeta, si è affermato, in quanto attore di questa libera-azione, non può trovare accoglienza in alcuno Stato né trovare asilo sotto alcuna insegna di potere.
Si è visto anche come il linguaggio simbolico sia la lingua condivisa dal poeta e dallo yogi; come il simbolo, mettendo in connessione il piano dell’esperienza con il metafisico, realizzi sostanzialmente un’unione e che tale unione sia anche il fine delle tecniche yogiche.
Pescare nell’inconscio, ovvero accedere alla propria dimensione interiore, è risultato essere un ulteriore punto d’incontro tra il momento della creazione poetica e la pratica yogica. Si è quindi indagato, con l’aiuto di alcuni esempi pratici, come da un lato le tecniche dello yoga possano essere in grado di attivare la creatività artistica, e dall’altro la poesia, attraverso il potere evocativo della parola, possa stimolare la pratica delle asana stesse.
Chandra Namaskar, il “Saluto alla Luna”, è stato preso ad esempio di questa fertile interazione, anche in relazione all’identificazione arcaica tra Grande Madre, Luna e Musa ispiratrice del poeta.
Essere veicolo di beatitudine e di quiete interiore, rappresentare un momento di libera espressione devozionale, nonché far perdere la dimensione temporale è proprio dell’atto poetico così come della pratica yogica.
Si può pertanto in conclusione affermare che la poesia non è un semplice mettere in atto delle tecniche di scrittura, per quanto raffinate, e che, allo stesso modo, lo yoga non è un semplice praticare un insieme di esercizi ginnici, per quanto di difficile e virtuosistica esecuzione. Entrambi, yoga e poesia, vivono entro qualcosa di molto più complesso, rispondono a esigenze irrinunciabili dell’animo umano ed affondano le loro radici nelle insondabili profondità del Vero Sé.
8. Bibliografia
TESTI DI RIFERIMENTO:
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MORELLI Maurizio, Grande trattato di yoga, Milano, red! 2008.
MORELLI Maurizio, Dispense di lezioni riservate agli studenti della Libera Scuola di Hatha Yoga Hamsa, Milano, a.s. 2013-14
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SITI CONSULTATI:
www.thisisyoga.org per le schede di asana e di respirazione yoga di Maurizio Morelli.
www.ilcerchiodellaluna.it per le pagine su La luna. Simbolismi, miti, archetipi, significati e influenzea cura di Anna Pirera.
www.aldamerini.it
POESIA E PROSA:
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John DONNE, Poesia amorose. Poesie teologiche, Torino, Einaudi, 1971.
Ernest HEMINGWAY, Per chi suona la campana, 1940; ed.it. Milano, Mondadori, 2013.
Poeti romantici inglesi, Milano, Bompiani, 1990.
SAFFO, Liriche e frammenti, Milano, Feltrinelli,2008.