Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Isvarakrisna

SAMKHYAKARIKA

 

 Breve introduzione alla filosofia Samkhya

Al termine che designa questa corrente filosofica viene generalmente attribuito il significato di numero; il Samkhya si occupa infatti di enumerare, classificare e spiegare i principi cosmici. In senso lato questa modalità di analizzare i fenomeni metafisici è presente già nelle Upanishad antiche in forma molto abbozzata e confusa e poi, sempre più precisa, nelle medie e successive; più generalmente, come tendenza all’enumerazione logica, in molte delle correnti filosofiche dell’India antica, anche se con affermazioni e visioni non univoche.

In senso generale possiamo affermare che la forma filosofica del Samkhya è presente sin dall’antichità post-vedica e si esprime come tendenza a formare cosmologie dotate di senso logico, in cui i differenti principi derivano l’uno dall’altro, in successione.

Con Samkhya classico si intende invece la forma filosofica espressa in forma di brevi strofe da Isvarakrisna nel celebre trattato Samkhyakarika, datato intorno al V secolo dopo Cristo. Isvarakrisna ammette di essere un semplice redattore e rimanda l’origine della teoria da lui esposta al saggio Kapila (e non ai Veda), un personaggio leggendario di cui non si hanno notizie certe; secondo gli studiosi è quasi certo che questo sistema filosofico fosse già ben strutturato, forse da secoli, al momento della compilazione del testo.

Il Samkhya è una delle sei Darsana (visioni, punti di vista) accettati dal brahmanesimo; le altre cinque sono:

  1. Mimansa
  2. Vedanta
  3. Yoga
  4. Nyaya
  5. Vaisesika

Il tema centrale di questa Darsana è quello dell’universalità della sofferenza e dei mezzi atti a superarla; questa impostazione di base, l’universalità della sofferenza e la necessità di sviluppare mezzi atti a superarla, è motivo comune a tutte le visioni filosofiche dell’India antica e moderna; diversi sono invece i metodi proposti dalle differenti scuole. Sofferenza (Duhkha o Duhkkha) esprime un concetto di sofferenza che va oltre il limite di ciò che causa dolore in modo ovvio, ma include anche le cose piacevoli o indifferenti; tutto è sofferenza in quanto imperituro, cangiante, destinato a decadere e morire. Ne consegue che la beatitudine può essere ricercata solo in ciò che non è soggetto a decadimento o morte, e questo qualcosa sarà necessariamente esterno al processo della natura.

La cosmologia espressa nella Samkhyakarika è quella del dualismo non integrabile, che verrà poi fatta propria da Patanjali, con l’aggiunta di un ventiseiesimo principio, per la redazione degli Yoga Sutra. Al punto di origine troviamo due elementi distinti, entrambi eterni:

  1. Purusha
  2. Prakriti

Purusha è il principio spirituale, eterno, cosciente e immutabile; non esiste un solo Purusha bensì innumerevoli, infiniti. Ogni individuo fa riferimento a un  differente Purusha (anche Atman). Prakriti è la natura naturans e ha due forme: la prima è quella potenziale, inesauribile ed eterna, da cui scaturisce la seconda, la natura manifesta, l’universo con tutte le sue differenti energie e forme. La natura manifesta è in continua trasformazione e non è eterna, ciclicamente viene riassorbita e poi successivamente rigenerata da quella potenziale.

La teoria è che tutto ciò che diviene manifesto sia già contenuto nell’aspetto immanifesto (l’effetto è già presente nella causa); ciò che mette in moto la manifestazione è la presenza, in Prakriti, di 3 tendenze fondamentali, i Guna, che stimolati da un contatto riflesso con il Purusha (non si capisce se uno in particolare o tutti assieme) entrano in azione e danno avvio al processo generativo. Il contatto tra Purusha e Prakriti è considerato simile a quello del riflesso di un raggio di luce in uno specchio, una semplice refrazione e non un accostamento. I due principi sono e restano separati.

Da Prakriti e sempre rimanendo sotto l’influsso dei tre Guna inizia a manifestarsi la Buddhi o mente universale, una sorta di energia-materia estremamente raffinata da cui poi prenderà forma Ahamkara, il principio di individualità, e da questo, a cascata, gli altri elementi come vedremo nel corso della lettura delle strofe.

In sintesi quella che viene presentata è una forma di dualismo inconciliabile, in cui Purusha è identificabile con l’essere, Prakriti con l’esistere; l’unica forma di liberazione è a questo punto data dalla comprensione di ciò che non è Purusha, cioè tutto, e la presa di residenza nella natura dell’essere. In realtà nel testo non è mai data negazione circa l’esistenza di un essere superiore, possibile punto di riunificazione delle due entità fondamentali; una tale omissione, in un testo così rigoroso e preciso, quasi maniacale, non può però essere considerata una svista e ha il valore di una presa di posizione. Per questo la filosofia Samkhya viene spesso considerata come atea.

Qualche indicazione per la comprensione dei Guna

Prakriti, nella sua forma non manifesta così come a ogni livello energetico della manifestazione, ha in sé, implicite, tre qualità o modalità, definite Guna e precisamente Sattva, Rajas, Tamas. Queste tre qualità sono sempre operanti in ogni manifestazione e non sono mai in equilibrio perfetto (che esiste solo nella Prakriti allo stato potenziale), ma l’una o l’altra sempre predomina.

Il termine Guna indica legame e quindi connessione; rende perfettamente il concetto di interdipendenza dinamica che esiste tra ogni aspetto e manifestazione energetica dell’universo dove, in un meraviglioso e perfettamente organizzato equilibrio cosmico, ogni accadimento si riflette sul tutto e crea infiniti echi e adattamenti.

Sattva     Bianco, leggerezza, luminosità, trasparenza, apertura, movimento centrifugo, intelligenza e aspirazione superiore, tendenza all’alto come sinonimo di originario e divinità.

Rajas       Rosso, dinamismo, impulso, movimento, desiderio che si esprime attraverso l’azione, attività in ogni senso, compresa quella mentale. Rajas comporta  il continuo passaggio da una situazione di equilibrio a una di squilibrio e viceversa. E’ il generatore del dinamismo universale.

Tamas       Nero, inerzia, inibizione, immobilità, oscurità anche psichica, pesantezza, forza centripeta, tendenza verso il basso come sinonimo di materialità e istinto.

La coscienza e la mente sono prevalentemente Sattviche.

L’energia sotto forma di calore, elettricità, radiazione e movimento è prevalentemente Rajasica.

Gli oggetti del mondo fisico sono costituiti soprattutto da Tamas.

La cascata evolutiva

All’origine della creazione stanno due forze ugualmente eterne, i Purusha e la Prakriti (anche Pradhana), la sostanza primordiale da cui origina il manifesto in ogni sua espressione, fisica, energetica, funzionale e psichica.

Purusha è cosciente ma non generante; Prakriti, e quindi anche tutto ciò che da lei origina, è invece inconscia ma ha il potere di generare (principio agente). La sua produzione è riducibile ai 23 Tattva (principi). Nella sua forma potenziale i 3 Guna sono in equilibrio, nella manifestazione sempre in condizione di differente squilibrio.

Ciò che da origine alla manifestazione è un influsso di Purusha, un influsso fecondante ma indiretto, senza reale contatto, rappresentato con l’immagine del riflesso di un raggio di sole in uno specchio; per effetto di ciò si interrompe l’equilibrio dei Guna e inizia la produzione, ovvero appare l’universo fenomenico.

Il primo Tattva a manifestarsi è Buddhi, anche Mahat o Maha Tattva, intelligenza o intelletto, tanto cosmica che individuale.

Da Buddhi viene prodotto Ahamkara o senso di identità, da considerarsi come qualcosa di differente dall’ego personale, che è però una formazione conseguente e quindi in strettissima relazione. Questo senso di identità esiste anche in assenza di una storia personale ed è proprio di qualsiasi creatura vivente; è quella funzione che rende possibile il percepire se stessi come entità distinta dal resto dell’universo, quindi una funzione il cui elemento fondamentale è la capacità di creare e percepire confini.

Dalla parte sattvica di Ahamkara prendono forma Manas (capacità di coordinamento e riflessione) e i cinque sensi di percezione (Jnanaendriya), con prevalenza rajasica i cinque sensi di azione (Karmaendriya).

Buddhi, Ahamkara e Manas sono detti sensi interni; nel loro insieme prendono il nome di Citta (Yogasutra).

Infine dal Tamas presente in Ahamkara prendono forma i 5 Tanmatra o elementi sottili, in ordine di generazione suono, contatto, forma, gusto e odore. Dalla combinazione indicata tradizionalmente come 50% di un elemento + ¼ del 50% di ogni altro derivano i Butha o elementi grossolani, etere, aria, fuoco, acqua, terra.

Questi sono, secondo il Samkhya, i 25 elementi. Negli Yoga Sutra verrà inserito il ventiseiesimo, Ishvara, un Purusha particolarmente puro, riferimento e modello per gli Yogi.