Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Shila Morelli

KRISHNAMURTI

Shila Morelli, laureata in Lingue e letterature orientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si occupa di yoga, riflessologia e massaggio. 

Al termine di questo viaggio senza tempo nella vita e nell’insegnamento di Krishnamurti sento il bisogno di ringraziare alcune persone che hanno reso possibile la scrittura di questo testo.
L’affetto, l’apertura incondizionata e il generoso aiuto pratico di Olga sono stati un prezioso e fondamentale dono sia nella preparazione sia nella stesura di questo libro. Un caldo ringraziamento va anche a Francesca per la sua immediata e concreta disponibilità.
La Brockwood Park School, e l’occasione datami dal suo intero staff e dai suoi meravigliosi studenti di trascorrere del tempo con loro, mi ha dato la possibilità unica di osservare nella realtà l’insegnamento di Krishnamurti. L’atmosfera di affetto, fervente entusiasmo e dialogo di cui ho fatto esperienza in quel luogo ha un valore inestimabile. A tutti loro un grazie dal cuore.
Ringrazio Astrolabio-Ubaldini Editore e Bresci Editore per la possibilità accordatami di citare le parole di Krishnamurti.
Un ringraziamento particolare alla mia famiglia e a Isa, Silvia, Elena e Karan con i quali ho condiviso intensamente gioie e insicurezze durante questo lavoro.
Shila Morelli

Prefazione

L’idea di scrivere un libro sulla vita e sull’insegnamento di Krishnamurti è stata immediatamente accompagnata da un incontenibile entusiasmo. Tuttavia, man mano che la conoscenza e la lettura della sua incredibile esistenza si approfondivano, incominciavano a sorgere i dubbi sulla possibilità di creare un lavoro valido e soprattutto rispettoso della sua volontà.
Le righe che seguono vogliono essere una precisazione e una chiave di lettura. Prima di tutto potrebbe sembrare azzardato inserire quest’uomo straordinario in una collana sui Maestri dell’Oriente. Krishnamurti, sin dalla giovane età e poi definitivamente con lo scioglimento dell’Ordine della Stella nel 1929, prese nettamente le distanze dalle figure di guru, discepolo e da tutto ciò che questi ruoli possono implicare. Egli rifiutava categoricamente qualsiasi forma di limitazione e mediazione all’accesso della verità. È però innegabile che Krishnamurti non solo espresse un insegnamento di eccezionale valore, ma raccolse anche continuativamente attorno a sé persone di ogni nazionalità, un vero e proprio seguito se così si può dire. In queste condizioni, tuttavia, il suo monito a cercare da sé la verità e a non seguire un guru era sempre ribadito con costanza incrollabile. È alla pura idea di maestro come ‘colui che vive ed esprime la verità’ che quindi ci si vuole rivolgere in questo testo.
In secondo luogo Krishnamurti dedicò la vita a quello che definì il suo scopo: liberare l’uomo. Per farlo, e per esprimere il suo insegnamento, lavorò incessantemente cercando di comunicare con un linguaggio il più possibile spoglio d’implicazioni. La sua vita fu per oltre settant’anni un viaggio continuo, ed egli lascia una vasta eredità di scritti e registrazioni.
Il suo insegnamento è immenso per estensione e profondità e ciò che viene qui riportato non lo include interamente, ma si limita a ciò che personalmente ho compreso. L’augurio è che questo libro possa essere un viaggio di scoperta, ma per fare ciò è essenziale rivolgersi a ogni parola qui scritta con un ‘forse’, poiché a nessuno è dato sapere con certezza ciò che Krishnamurti realmente intendeva e il dubbio è il ‘prezioso unguento’ che insegna l’arte di vivere.
 
Introduzione
 
Gods, masters, apparitions may exist,
but they are of no value
to the man who is seeking the truth,
for they are still in the world of phenomena.
Jiddu Krishnamurti, The Star Bulletin, settembre-ottobre 1932
 
Una terra senza sentieri
 
Era il 1929. Il mondo, violentato e devastato dalla Prima guerra mondiale e dalla dilagante crisi economica, ora era vivo più che mai e cercava, indagava, si contorceva per trovare la ragione di quegli orrori. Erano anni di fermento e speranza.
Una ricostruzione era iniziata portando sulla sua scia un rinnovamento che avrebbe interessato ogni aspetto dell’indagine umana. Il dolore e la paura ora chiedevano un aiuto a cui aggrapparsi, una guida in grado di condurre gli uomini verso un mondo migliore. In quest’atmosfera, molti parlavano dell’imminente venuta del Maestro del Mondo. Alcuni credevano di averlo trovato e quell’anno oltre tremila persone si erano riunite al campo di Ommen, in Olanda, per ascoltare le sue parole e la definitiva autoproclamazione.
Era una mattina d’inizio agosto. Una brezza leggera sfiorava i volti della folla. Uno strano silenzio pervadeva ogni cosa. L’atmosfera era piena d’attesa ed emozione. Un uomo sulla trentina, elegante, snello, raggiunse con passo leggero e deciso il centro del campo. Lo sguardo magnetico e concentrato illuminava il suo bel volto. Krishnamurti era il suo nome, e così parlò:
«Questa mattina dovremo discutere lo scioglimento dell’Ordine della Stella. Molti ne saranno lieti, altri, invece, ne rimarranno rattristati. Ma non si tratta di una questione di felicità o tristezza, poiché è inevitabile, come sto per chiarire.»1
Un lieve brusio si levò dalla folla.
«Io sostengo che la Verità è una terra senza sentieri, e che non potete accedere a essa attraverso nessun sentiero, nessuna religione, nessuna setta. Questa è la mia opinione, assoluta e incondizionata.»2
«La Verità, essendo senza limiti, senza condizioni, inaccessibile attraverso alcuna strada, non può essere organizzata, così come non vi è organizzazione che possa essere creata per guidare o forzare la gente lungo un particolare sentiero […]. Se lo fate, vedrete come essa divenga una cosa morta, cristallizzata; come essa divenga un credo, una setta, una religione da imporre agli altri. Questo è quanto tutti nel mondo tentano di fare. La Verità viene immeschinita e ridotta a un giocattolo per coloro che sono deboli, per quelli che sono solo momentaneamente scontenti. La Verità non può essere portata al nostro livello, è piuttosto l’individuo che deve fare lo sforzo di salire al suo.»3
«Questa è perciò la prima ragione per cui, secondo il mio punto divista, l’Ordine della Stella deve essere sciolto.»4
Ora un silenzio carico di stupore permeava l’intero campo.
«È probabile che voi, nonostante questo, in futuro formerete altri ordini, continuerete ad appartenere ad altre organizzazioni in cerca della Verità. Io non desidero far parte di alcuna organizzazione di genere spirituale; per favore, cercate di comprenderlo.»5
«Se un’organizzazione è creata per questo proposito diventa una stampella, un fattore d’invalidità, una catena, e necessariamente paralizza l’individuo e gli impedisce di crescere, di dare forma alla sua unicità, che risiede nella scoperta personale dell’assoluta e incondizionata Verità. E questo è un altro motivo per cui, essendone a capo, ho deciso di sciogliere l’Ordine.»6
L’attenzione era totale e Krishnamurti, imperturbabile, espose le ragioni della sua scelta.
«Questa non vuol essere un’azione magnifica, poiché non voglio seguaci, e dico seriamente. Nel momento stesso in cui seguite qualcuno cessate di seguire la Verità. Il fatto che voi prestiate o no attenzione a ciò che dico non mi riguarda. C’è una certa cosa che voglio fare nel mondo e la farò con un’attenzione incrollabile. Uno solo è il mio interesse essenziale: liberare l’uomo. Voglio rendere l’uomo libero da tutte le gabbie e da tutte le paure.»7
«Se ci saranno solo cinque persone che vogliano ascoltare, che vivano, i cui volti siano rivolti all’eternità, sarà sufficiente. A che servono migliaia di persone che non ascoltano, che sono completamente imbarazzate nel pregiudizio, che non vogliono il nuovo, ma preferiscono piuttosto adattarlo al proprio sterile stagnante io.»8
Un brivido percorse alcuni dei presenti.
«Per diciotto anni vi siete preparati a questo evento, alla venuta del Maestro del Mondo […]. In che modo i membri di questa organizzazione, l’Ordine della Stella, si sono resi diversi? […]. Tutti dipendete da un altro per la vostra spiritualità, dipendete da un altro per la vostra felicità e per la vostra Illuminazione; nonostante vi siate preparati per me per diciotto anni, quando vi dico che tutte queste cose non sono necessarie, quando vi dico… che dovete cercare dentro di voi se volete trovare l’Illuminazione, la gloria, la purificazione, l’incorruttibilità del sé, nessuno di voi è disposto a farlo… Voi siete abituati a sentirvi dire di quanto siete avanzati, qual è la vostra condizione spirituale. Come siete infantili! Chi se non voi stessi può dire se siete incorruttibili? […] Quindi perché avere un’organizzazione?
«Ma coloro che veramente desiderano capire, che stanno cercando ciò che è eterno, senza inizio né fine, cammineranno insieme con maggior ardore, e saranno un pericolo per tutto ciò che è inessenziale, per il non reale, per le ombre […]. Un tale nucleo dobbiamo creare, e questo è il mio proposito. Grazie a una reale comprensione, ci sarà vera amicizia. Grazie a quella vera amicizia, ci sarà reale cooperazione da parte di ciascuno. E non perché ci sia autorità, non perché ci sia salvazione, non perché ci sia l’immolazione a una causa, ma perché si comprende realmente e quindi si è capaci di vivere nell’eterno. Questa è una cosa più grande di ogni piacere, di ogni sacrificio. Queste sono quindi alcune delle ragioni per cui, dopo averci attentamente riflettuto per due anni, ho preso tale decisione. Essa non nasce da un impulso momentaneo. Nessuno mi ha spinto a ciò: non sono cose per le quali mi lascio persuadere. Per due anni ho continuato a meditarci, lentamente, attentamente, pazientemente, e ora ho deciso di sciogliere l’Ordine, dal momento che ne sono il capo. Voi potete creare altre organizzazioni e aspettare qualcun altro. Questo non mi riguarda, come non è affare mio creare nuove gabbie e nuove decorazioni per quelle gabbie. L’unica mia preoccupazione è di rendere gli uomini assolutamente, incondizionatamente, liberi.»9
 
Così concluse il suo discorso. Con lo stesso passo veloce ed energico con cui era arrivato, lasciò il campo. Gli spettatori rimasero fermi e in silenzio, come pietrificati. Nessun compromesso, Krishnamurti non dava spazio ad alcun ritorno. Lasciava tutti soli, compreso se stesso. Aveva scoperto tutti i veli e spezzato l’ultimo legame.
Ma chi era Krishnamurti? Come era arrivato a pronunciare queste parole? Chi erano tutte quelle persone che erano andate lì per ascoltarlo? Perché la loro espressione era ora così triste e forse delusa?

La Società teosofica
 
Verso la seconda metà del 1800 prese forma uno spirito di reazione al dilagante materialismo e all’idea di scienza come nuova via di salvezza. Tuttavia anche le religioni non erano più ritenute in grado di fornire risposte soddisfacenti alle mutate condizioni dell’umanità. In linea con questa corrente, un’energica russa, l’occultista Helena Blavatsky, e il colonnello americano Henry Olcott fondarono nel 1875 a New York la ‘Società teosofica’.
Si trattava di un movimento panreligioso che traeva forte ispirazione dalle filosofie orientali, in particolare da quella indiana per la dottrina sul karma e sulla reincarnazione. I membri della Società proclamavano la Fratellanza universale e credevano nell’esistenza di una conoscenza superiore tramandata nel tempo per via esoterica da grandi iniziati. Secondo la Teosofia, in epoche particolarmente critiche per l’umanità il divino Maitreya, benevolo Signore del Mondo, si sarebbe incarnato sulla terra per salvare gli uomini. In passato Egli aveva assunto, fra le altre, le sembianze di Gesù Cristo e di Sri Krishna.
Alla morte della Blavastky, nel 1891, un’ardente teosofa inglese, Annie Besant, ripropose con forza l’idea della venuta del Maestro; in collaborazione con C.W. Leadbeater, allora vescovo della Chiesa cattolica liberale, approfondì l’aspetto occulto dei futuri eventi. Nel 1907 venne eletta presidentessa della Società e si stabilì ad Adyar, presso Madras, nel sud dell’India dove, nel1882, era stata spostata la sede della Società. I teosofi infatti credevano che questa volta il Salvatore sarebbe giunto dall’Oriente.
Annie Besant era nata nel 1847 a Londra, da una famiglia borghese; sin dalla giovane età dimostrò uno spirito indipendente e autonomo che fu forse la causa del fallimento matrimoniale con il pastore anglicano Frank Besant, con il quale aveva avuto due figli. A partire dal divorzio iniziò a occuparsi con profondo coinvolgimento di attività di riforma sociale. Annie lottava per la libertà di pensiero, il laicismo dello stato inglese, il controllo delle nascite, i diritti di lavoratori e donne, organizzando scioperi e manifestazioni. Si avvicinò anche all’Irish Home Rules, movimento per la liberazione dell’Irlanda, e alla Fabian Society, organizzazione d’impronta socialista.
Queste attività le causarono la perdita dell’affidamento dei figli.
Nel 1889 le venne chiesto di scrivere la recensione del libro The secret Doctrine della Blavasky. Da quel momento incominciò il suo interesse per la Teosofia, che si approfondì negli anni. In India, la Besant concentrò le sue energie sulla venuta del Maestro del Mondo; disse una volta a riguardo: «Questa non è soltanto un’attesa, ma un grido di dolore».10
La teosofa lavorava senza sosta, poiché desiderava preparare il maggior numero di persone al grande evento, ormai considerato imminente.
La permanenza ad Adyar fu anche un periodo d’intenso coinvolgimento politico, segnato da un’attiva partecipazione alla lotta per l’indipendenza dell’India. Annie entrò a far parte dell’Indian National Congress, fondato nel 1885 con lo scopo di portare l’India a una forma di autogoverno nell’ambito dell’Impero inglese; dal giornale ‘The Hindu’, di cui era editore, lanciava pesanti attacchi al governo inglese. Fu su sua iniziativa che le Home Rule Leagues vennero create; queste si ispiravano per fini e strategie al movimento nazionalista irlandese.
Le Leghe riuscirono ad ampliare il sostegno sociale del movimento per l’autogoverno. La Besant fu la prima donna a essere eletta alla presidenza del Congresso e continuò fino alla morte, nel 1933, a battersi per i diritti dell’India.
 
Note
1. E. Blau Krishnamurti: 100 Years, Stewart, Tabori and Chang, New York, 1995, p. 85, trad. dell’autrice.
2. M. Lutyens La vita e la morte di Krishnamurti, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1990, p. 88.
3. E. Blau Krishnamurti, cit., p.85, trad. dell’autrice.
4. M. Lutyens La vita e la morte di Krishnamurti, cit., p. 89.
5. J. Krishnamurti ‘The Herald of the Star’, settembre 1929, trad. dell’autrice.
6. E. Blau Krishnamurti, cit., p.86, trad. dell’autrice.
7. Ibidem.
8. Ibidem.
9. Ivi, p. 87.
10. A.J.G. Methorst-Kuiper Krishnamurti. Il suo pensiero, la sua missione, la sua poesia, Bresci Editore, Torino, 1974, p. 9.