Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Shila Morelli

SIVANANDA

La salute, il primo passo verso Dio

“Conduco una vita semplice e naturale. C’è una sorgente di giovinezza in me. Brillo di gioia… Sono molto regolare nel fare le mie Asana. Mi dedico regolarmente anche al Pranayama. Questo mi dona una salute ed energia meravigliose… Osservo digiuno, riposo, faccio vita all’aria aperta, abluzioni, respirazioni, esercizi, bagni di sole e mi godo la libertà, la forza, la bellezza, il coraggio, l’equilibrio e la salute”98, così descrive Sivananda il segreto della sua radiosità.

La salute fu sempre al centro della ricerca del maestro. Sin dai tempi degli studi in medicina la sua attenzione si concentrò sulla prevenzione delle malattie (si ricordi il giornale Ambrosia) e su un’idea di corpo come sistema (e non somma di parti) in cui i singoli elementi esistono in stretta relazione e in comunicazione-influenza con altri livelli, come quello mentale, emotivo e spirituale. Anche la salute assume quindi l’accezione di condizione integrata, un equilibrio di tutti gli aspetti della nostra esistenza.
La cura del proprio fisico è il primo passo verso il raggiungimento di una condizione di salute. La più vivida esperienza è quella che l’uomo vive attraverso il corpo, per mezzo dei sensi; la sua cura, attraverso il mantenimento di una corretta salute fisica e lo sviluppo di un’armoniosa relazione con il mondo, è quindi il passo fondamentale nella creazione di uno spazio energetico adatto al percorso verso la Verità. L’universalità e unicità della presenza divina, chiave dell’insegnamento di Sivananda, conduce all’idea di corpo come tempio di Dio, la sua dimora mobile. Esso non va torturato e dimenticato, ma sempre mantenuto in buone condizioni poiché strumento stesso della sadhana, il mezzo a nostra disposizione per compiere lo scopo di questa vita: la realizzazione di Dio.
La salute è legata strettamente alla condizione della mente. L’allegria fu per Sivananda uno strumento di cura e un mezzo di realizzazione spirituale. L’attitudine mentale pura, positiva e generosa è il fondamento di una veloce evoluzione spirituale e la più grande medicina, essendo le malattie strettamente connesse con pensieri deviati e negativi. Leggerezza mentale, pensieri elevati e positivi insieme a pratiche volte alla conservazione dell’energia (fondamentali per raggiungere gli stadi più elevati del sentiero spirituale) come asana, pranayama, alimentazione equilibrata, sonno moderato e di qualità e continenza rappresentano i passi fondamentali per il discepolo.

L’importanza della moderazione

La moderazione è un aspetto essenziale dello Yoga Integrale ed è naturalmente connessa all’azione pratica, al fare. Bisogna dedicarsi a tutto, ma un pò, con moderazione, senza specializzazione cioè senza provocare disequilibri; in tal modo soltanto sarà possibile uno sviluppo armonioso. Lo Yoga della Sintesi è così un delicato equilibrio di azione, sensibilità e varietà, il naturale fiorire di ogni aspetto della personalità. Ad ogni incontro, durante il tour India-Ceylon che intraprese nel 1950 Sivananda era solito cantare la Canzone dell’un poco (Song of a little)99, ricca delle semplici istruzioni per dedicarsi alla Vita Divina:

Mangia un poco, bevi un poco, parla un poco, dormi un poco
Mischia(ti) un poco, muovi(ti) un poco, servi un poco, riposa un poco
Lavora un poco, riposa un poco, studia un poco, onora un poco
Fai Asana un poco, Pranayama un poco, rifletti un poco, medita un poco
Fai Japa un poco, fai Kirtan un poco, scrivi Mantra un poco, fai Satsanga un poco.
Fai un poco di ognuno; avrai tempo per tutto.
La realizzazione di Dio ti sarà cosi facilmente raggiungibile.

Asana e pranayama

L’attività fisica fu essenziale per Sivananda sin dalla giovinezza ed egli vi si dedicò con entusiasmo e successo (sostituiva l’insegnante a scuola). Il primo contatto con l’Hatha Yoga100, in particolare con le asana101, avvenne durante la permanenza in Malesia, all’età di trent’anni, grazie agli insegnamenti contenuti in un libro.
L’Hatha Yoga, le cui origini vengono fatte risalire ai maestri Matsyendra e Goraksa, costituisce spesso il primo approccio al sistema Yoga. La parola hatha è composta da ha, energie positive, maschili e solari e tha, energie lunari e femminili; la loro unione in hatha indica la totalità, la riunione armoniosa e completa degli opposti. In tal senso l’Hatha Yoga si occupa di tutte quelle pratiche di purificazione dell’energia corporea (in particolare il controllo del Prana o energia vitale) il cui scopo è la creazione di una struttura psicofisica capace di affrontare l’impegno richiesto dalla pratica spirituale; si tratta quindi di un sistema di realizzazione che partendo dal corpo fisico arriva ai livelli più sottili dei piani mentali e spirituali.
Sivananda dai giorni del suo impegno come medico non abbandonò mai la sua pratica e cercò di diffonderla immediatamente tra i suoi pazienti come strumento per il mantenimento di un corpo sano e vitale. Egli sosteneva che non fosse mai troppo tardi per iniziare; anche durante la malattia le asana non andavano interrotte, ma solo modificate per essere adattate alle necessità del corpo. Grande importanza veniva conferita alla regolarità che egli osservava in prima persona con profonda diligenza; ogni mattina, fin quando fu in grado, praticava una sequenza di esercizi, direttamente sulla dura superficie del suo letto. Fra le sue asana preferite c’erano Sirsasana, la posizione sulla testa, Sarvangasana, la posizione della candela, a cui attribuiva grandi benefici e considerava essenziale; poi ancora Halasana, la posizione dell’aratro, Pashimottasana, la posizione della distensione posteriore e Mahamudra o grande mudra.
L’importanza della pratica era strettamente legata alla salute e all’acquisizione di una profonda conoscenza del proprio corpo. La ricerca estetica e gli acrobatismi non sono il fine della pratica delle asana102 e Sivananda lo sottolineava con uno dei suoi motti: “Fa quello che puoi ora, oggi, al meglio delle tua abilità, sinceramente, onestamente – questa è la perfezione”103. A fianco della pratica delle asana lo Swami si dedicava, stimolando anche gli altri a farlo, a molte altre attività: amava camminare, correre, nuotare, durante l’inverno giocava a badminton (volano) e talvolta praticava il tennis contro i muri dell’ashram, di fronte allo sconcerto di tutti i presenti!
Il Pranayama era per Sivananda una pratica fondamentale, da non tralasciare mai. Secondo lo Yoga mente e respiro si muovono in simbiosi, influenzandosi reciprocamente. Il Pranayama, letteralmente ‘misura del Prana’ o energia vitale è l’insieme di tecniche finalizzate ad ottenere un respiro musicale ed efficace, condizione essenziale per uno stato mentale e fisico di equilibrio, un adeguato livello energetico e quindi un soddisfacente stato di benessere. Sivananda vi si dedicava regolarmente un’ora ogni mattina e ad ogni occasione possibile; era il suo segreto di pace, abbondanza energetica, lucidità mentale e sorprendente memoria, nonostante l’intensa attività cui costringeva il suo corpo e le varie malattie. Egli descrisse nei suoi libri le diverse tecniche di pranayama secondo la tradizione classica, tuttavia insegnava spesso una pratica semplice e accessibile a tutti detta Sukha Purvaka. Tale pranayama è veramente facile e accessibile a tutti e non prevede alcun conteggio ne regolazione, ma solo il ritmo e l’armonia di ispirazioni ed espirazioni profonde e piene che si spingono fino al limite senza superarlo. Questa la tecnica: inspira da entrambe le narici, fina a quando è confortevole; poi trattieni fino a quando è confortevole, ripetendo Om o il tuo mantra personale. Infine espira fino a quando è confortevole.

L’alimentazione

L’alimentazione è un’altro aspetto fondamentale nella costituzione di un individuo in piena salute. Il cibo che assumiamo è direttamente responsabile della nostra condizione mentale e della costruzione del carattere: il controllo del nutrimento è quindi uno strumento per influenzare al meglio la mente. Quando parla di selezione alimentare Sivananda fa distinzione fra cibo sattvico, rajasico e tamasico104, ma sottolinea: “Prendi cibo sattvico (puro, equilibrato), cibo che non ti ecciti, che non squilibri il tuo sistema e che non danneggi il tuo equilibrio”105; dicendo ciò egli riporta l’insegnamento tradizionale a livello della persona. Non vengono proposte quindi regole assolute quanto piuttosto lo sviluppo di una sensibilità verso il proprio sistema-corpo insieme alla volontà di non seguire i capricci della mente. Così un alimento generalmente considerato dannoso, può essere tale per uno, ma non per un altro. Sivananda spinge all’ascolto di se stessi, alla conoscenza del proprio corpo e al suo rispetto poiché dimora di Dio. Egli insisteva, tuttavia, sulla necessità di un’alimentazione vegetariana per tutti coloro che decidono di intraprendere la strada spirituale. La carne agita la mente e la rende grossolana; la paura che l’animale prova quando viene ucciso è trasmessa a colui che ne assume la carne il cui consumo è quindi fortemente dannoso oltre che non etico (uso della violenza). Anche alimenti vegetariani cotti in modo errato (fritto) o troppo speziati, oltre che aglio e cipolla sarebbero da evitare. In generale, poi, il sistema digerente non andrebbe mai affaticato da cibo eccessivo e mantenuto in forma grazie all’abitudine regolare al digiuno.
Il buon senso era comunque la regola fondamentale da seguire secondo il Maestro; la sua dieta era regolata da un controllo intensivo e costante della lingua e per questo variava molto. Talvolta Sivananda assumeva alimenti piccanti e molto pungenti senza avvertirne il minimo danno. Durante il periodo di permanenza presso lo Swarg Ashram e negli anni di intensa pratica si nutriva solo di pane secco ammorbidito dall’acqua della Ganga, che rimase fino all’ultimo la sua bevanda preferita. Il consumo di frutta e latte era poi considerato il pasto migliore durante il periodo di lavoro intenso nell’ashram. I rinuncianti di solito consumano solo certi alimenti, provando il corpo con le più disparate restrizioni; Sivananda era un sannyasin innovativo anche sotto questo aspetto, egli affermava che non bisogna domandare di un cibo in particolare, ma accettare qualsiasi cosa fosse offerta anche se con troppo sale, peperoncino o zucchero.

Note
98. Sri N. Ananthanarayan, What does Swami Sivananda teach?, Divine Life Trust Society Publication, WWW Edition, 1997 , p. 11, (traduzione dell’autrice).
99. Swami Venkatesananda, All about Sivananda, Divine Life Society Publication,WWW Edition, 1998, p. 16. (traduzione dell’autrice).
100. Si veda Morelli, Maurizio, Grande trattato di Yoga, Red Edizioni, Milano, 2008.
101. Il termine asana, letteralmente “trono, postura”, indica le posizioni del corpo assunte durante la pratica dello Yoga, finalizzate all’ottenimento di longevità, forza e salute come primo passo verso la percezione del proprio corpo come energia vibrante. Un’asana dovrebbe avere le caratteristiche di stabilità, corretta respirazione e rilassamento. Secondo la tradizione le asana sarebbero state rivelate da Siva stesso e raggiungerebbero il numero di 8.400.000; solo 84, però, sarebbero a conoscenza dell’uomo.
103. Swami Venkatesananda, Lo yoga integrale di Sivananda, Edizioni Istituto di Scienze Umane, Roma, 1987, p.17.
104. Ogni aspetto della manifestazione è caratterizzato dall’influsso di guna (qualità, attributo della sostanza) secondo proporzioni diverse; i guna sono sattva (bontà, luminosità, apertura, leggerezza, aspirazione superiore), rajas (movimento, desiderio che diventa azione, qualità che determina il passaggio continuo da una condizione di equilibrio ad una di squilibrio e in tal modo determina il dinamismo dell’universo), tamas (inerzia, pesantezza, tendenza verso la materialità e l’istinto). Tali qualità vanno concepite a tutti i livelli dal più grossolano al più sottile. La coscienza e la mente sono per lo più sattviche; l’energia del calore, l’elettricità, la radiazione e il movimento sono rajasici; gli oggetti fisici sono più che altro costituiti da tamas.
105. Swami Venkatesananda, Lo yoga integrale di Sivananda, Edizioni Istituto di Scienze Umane, Roma, 1987, p.18.