Haṃsa Libera Scuola di Hatha Yoga

Shila Morelli

SIVANANDA

La vita di un grande maestro

Avatara

“Ogni volta che si manifesta un declino della giustizia, O Arjuna, e che l’ingiustizia si afferma, allora io manifesto me stesso!”1. “Per la protezione dei giusti, la distruzione dei malvagi e per ristabilire la giustizia, io nasco di epoca in epoca”2.
Così afferma il Signore Krishna nella Bhagavad Gita3 o Canto del Beato. Egli spiega ad Arjuna come l’Essere Supremo discenda nel mondo in forma di Avatara ogni volta che si presenti la necessità di ristabilire la Verità nel cuore degli uomini.
Dio è in grado di rivelare Se Stesso in svariati modi e molteplici forme. Egli è onnipotente e onnisciente, è capace di prendere forma fisica, di manifestarsi sulla Terra come un bagliore del divino, senza per questo perdere la sua natura di infinito ed incondizionato. Egli non s’incarna per seguire un capriccio, ma in risposta alla necessità di salvare il mondo da un grande pericolo: quando le forze del male sembrano più forti di quelle del bene, quando ciò che è giusto è manipolato e distorto, egli giunge in aiuto e rimuove il velo dell’ignoranza.
La comparsa dell’Avatara implica quindi un duplice aspetto, una doppia nascita: una discesa, quella di Dio in forma umana, e un’ascesa, quella dell’uomo al divino. Attraverso l’azione delle incarnazioni di Dio l’uomo trasforma e modella non solo gli aspetti esteriori della sua esistenza, ma la sua stessa coscienza: la natura umana incomincia il viaggio verso l’alto, la nascita dell’anima, l’entrata del Sè nell’unica Coscienza Cosmica.
L’Avatara si presenta con aspetti e nomi diversi, seguendo la necessità del momento. In molti sono stati riconosciuti come tali.
I mantraOm Namah Sivanandaya” e “Om Namo Bhagavate Sivanandaya”, echeggiano oggi in molte parti del mondo, e sono le forti voci di coloro che si rivolgono a Swami Sivananda Saraswati come forma del divino, come profeta della nuova era. Egli ha superato lo status di Guru4 per entrare in quello di Avatara, l’incarnazione venuta a rivelare la natura divina dell’uomo.

La nascita di Kuppuswami

Pattamadai è un ridente villaggio del Tamil Nadu, nel sud dell’India. Le dolci acque del fiume Tambraparni conferiscono alla zona il suo aspetto verdeggiante e rigoglioso, contribuendo alla crescita di vasti campi e boschetti di mango.
Fu proprio qui, l’8 settembre 1887, alla prime e calde luci dell’alba, che Srimati Parvati Ammal diede alla luce il suo terzo figlio e in accordo con il marito, P.S. Vengu Iyer, lo chiamò Kuppuswami.
La famiglia5 benedetta dalla nuova nascita era molto rispettata nella zona e conosciuta per la grande devozione al signore Shiva. Kuppuswami discendeva inoltre da un rinomato santo del sud India, Sri Appayya Dikshitar6 che visse durante la metà del 1500; l’atmosfera religiosa della casa e le naturali tendenze del ragazzo si rivelarono ben presto in varie espressioni di rinuncia e amore verso tutti gli esseri. Sin dalla più tenera età Kuppuswami raccoglieva fiori e intesseva profumate ghirlande da offrire durante la puja7 giornaliera dei genitori, ai quali si univa anche durante il canto dei kirtan8. Si trattava di vere e proprie esperienze spirituali durante le quali il piccolo bambino non solo provava immensa felicità, ma riconosceva nell’immagine della divinità Dio stesso. Ogni occasione era poi buona per condividere con gli altri, attività che procurava grande gioia al piccolo Kuppu. Ogni dolcetto che la madre gli offriva veniva immediatamente distribuito agli altri bambini, agli affamati e agli animali che incontrava; portava a casa i poveri affinché venissero curati e amava in particolare servire sadhu9 e sannyasin10. L’ambiente della sua infanzia favorì una crescita serena ed un educazione sana tanto che un adulto Kuppuswami in seguitò affermò: “Specialmente nel villaggio, non c’era spazio per sviluppare abitudini dannose”11.
Il ragazzo era tanto intelligente quanto pieno di energie e non tardò ad eccellere in tutte le materie, raccogliendo numerosi riconoscimenti a scuola. Terminata la Rajah’s High School ad Ettiapuram, frequentò il S.P.G. College di Tiruchirapalli, periodo durante il quale si dimostrò particolarmente interessato ai dibattiti e alle attività teatrali12.
Con l’adolescenza, all’inclinazione per le pratiche spirituali si aggiunse anche un forte interesse per la ginnastica alla quale dedicava molto tempo durante la giornata; la mattina, si svegliava prestissimo per compiere indisturbato le sue attività prima dell’inizio della scuola; spesso nascondeva un cuscino sotto le lenzuola così che la madre non si accorgesse della sua assenza.
Kuppu era di costituzione forte e sana e nel villaggio tutti ammiravano il suo corpo ben costruito, le ampie spalle e le forti braccia. Fu proprio la passione per il movimento che gli diede l’opportunità di una nuova esperienza divina. Kuppu aveva da poco iniziato a prendere lezioni di scherma da un insegnante di casta intoccabile e questo era considerato sconveniente dalla tradizione e quindi dalla famiglia; cercarono di fargli comprendere la questione e spingerlo ad abbandonare gli allenamenti o a trovarsi un altro istruttore. Il ragazzo fu particolarmente toccato da questa discriminazione che trovava la sua ragione solo nella nascita e incominciò a rimuginare sulla questione fino a quando ebbe la profonda sensazione che quel Dio, che ogni giorno percepiva nella stanza della puja, risiedesse in verità nel cuore del suo insegnante. Lo riconobbe come suo Guru e gli dimostrò la sua devozione con prostrazioni e offerte, andando così oltre le resisenze della famiglia senza per questo disobbedire.

La passione per la medicina

La propensione al dare e il superamento delle distinzioni di casta lo condussero alla professione medica; nel 1905 Kuppuswami si iscrisse al Tanjore Medical Institute dove si dedicò con entusiasmo e fervore quasi incontenibile allo studio. Nonostante l’opinione contraria della famiglia che gli suggeriva di dedicarsi ad altra attività, l’amore per la medicina diventava sempre più intenso ed ogni momento era buono per imparare.
Sin dal primo anno, grazie alla sua bravura, ebbe libero accesso alla sala operatoria e in due anni di corso il giovane era in grado di superare gli esami dell’ultimo anno. Durante le vacanza non faceva mai ritorno a casa, continuando a partecipare alle attività dell’ospedale della scuola.
Kuppuswami, completato facilmente e con successo il suo corso di studi, incominciò a praticare a Tiruchi. Ben presto nacque in lui la forte convinzione che, oltre alle cure, fosse necessaria un’educazione medica.
Nel 1909, con 100 rupie dategli dalla madre, il Dr. Kuppuswami pubblica le prime 32 pagine del giornale medico Ambrosia. La rivista, che usciva mensilmente, conteneva articoli su tematiche quali la prevenzione delle malattie, l’igiene pubblica e principi di Ayurveda13, scritti da diversi dottori e dallo stesso Kuppuswami che si firmava con pseudonimi di vario tipo.
La forte spiritualità che da sempre era stata la nota dominante nella vita del giovane trovò spazio anche nei suoi articoli sulla rivista Ambrosia. Il giornale acquistò velocemente una certa popolarità ma, nonostante l’arrivo di contributi monetari esterni, non procurò mai veri guadagni anche perché spesso veniva distribuito gratuitamente. Fra alti e bassi la rivista continuò, tuttavia, ad essere pubblicata mensilmente per quattro anni, fino alla partenza del dottore per la Malesia.

Note
1. Swami Sivananda, Bhagavad Gita, WWW Edition, Divine Life Trust Society, 2000, p. 40 (traduzione dell’autrice).
2. Swami Sivananda, Bhagavad Gita, WWW Edition, Divine Life Trust Society, 2000, p. 40 (traduzione dell’autrice).
3. La Bhagavad Gita costituisce una parte del Mahabharata; è uno dei testi fondamentali dell’Induismo. Nei circa 700 versi dell’opera sono contenuti gli insegnamenti del Signore Krishna (considerato manifestazione di Dio stesso). In questo testo trova conferma non solo l’idea di Avatara come incarnazione di Dio, ma anche un chiaro insegnamento dei mezzi di liberazione (per questa ragione la Gita è talvolta definita moksasastra: “Scrittura della liberazione”). Gli insegnamenti di Krishna sono la risposta alla confusione di Arjuna quando questi, nel campo di battaglia di Kurukshetra, si trova a dover combattere contro i propri cugini. L’Avatara spiega così al giovane la più profonda verità spirituale, esponendo come la realizzazione del Signore Supremo può essere ottenuta solo attraverso la devozione, la fede e l’azione disinteressata (le verità dello Yoga, del Vedanta, della Bhakti e del Karma).
4. Maestro spirituale.
5.La famiglia apparteneva alla più alta casta dei brahmini. La società indù è divisa in molteplici e interconnessi gruppi determinati dalla nascita, la cui organizzazione è piuttosto complicata e si rifà alle cosidette jati, gruppi sociali governati da definite regole gerarchiche e prevalentemente di carattere professionale. Le jati fanno poi riferimento a quattro grandi gruppi detti varna (questi sono conosciuti in occidente con il nome di casta); tali gruppi comprendono i brahmana (brahmini), sacerdoti conservatori della cultura religiosa, gli kshatrya, guerrieri protettori dell’ordine e della classe sacerdotale superiore, i vaishya, il gruppo della gente comune composto da agricoltori, allevatori, commercianti e artigiani e, in ultimo, gli shudra che hanno il compito di servire le tre classi superiori. Gli appartenenti ai primi tre varna sono detti anche dvija o “nati due volte”; sono gli unici che possono intraprendere una vita di rinuncia (cioè diventare sannyasin). Le relazioni fra i diversi varna sono regolate e controllate.
6. Sri Appayya Dikshitar, grande conoscitore del sanskrito e autore di un centinaio di testi di natura religiosa (conosciuto anche con l’appellativo di ‘leone del Vedantà) è considerato un vero e proprio avatara di Siva nel sud dell’India.
7. La puja è un rituale devozionale dell’Induismo; consiste solitamente in un’offerta di varia natura a un’immagine (murti) della divinità.
8. Canto del nome del Signore.
9. Sadhu, letteralmente “uomo di bene, sant’uomo”, è un termine generico usato per riferirsi a tutti gli asceti che per realizzare la liberazione decidono di rinunciare ad ogni possesso e, troncando ogni legame con la famiglia, trascorrono l’esistenza come mendicanti itineranti, praticando l’ascesi e lo Yoga.
10. Sannyasin significa letteralmente “colui che pratica la completa rinuncia”. Si veda avanti.
11. Swami Sivananda, Autobiography of Swami Sivananda, Divine Life Trust Society Publication, Word Wide Web Edition (WWW), 2000, p. 3 (traduzione dell’autrice).
12. Nel 1905 il giovane Kuppuswami interpretò con successo il ruolo di Helena in “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare.
13. Ayurveda significa letteralmente “scienza della longevità” e si riferisce alla scienza tradizionale medica dell’India.